È MORTO GIUSEPPE BIGUZZI, IL VESCOVO EMERITO DELLA SIERRA LEONE

Contro la “guerra dei diamanti”, la corruzione e le tribù islamiste: era questo e molto altro mons. Giuseppe Biguzzi, il vescovo della Sierra Leone morto ieri 1 luglio 2024 all’età di 88 anni. Ne ha dato notizia la Diocesi di Parma che nelle ultime settimane ha visto il ricovero del missionario saveriano, vescovo emerito di Makeni, tormentato da una lunga malattia; aveva passato praticamente un anno intero presso la casa di cura “Fraternità San Lorenzo” di San Pietro in Vincoli e lo scorso aprile è stato destinato, da sua richiesta, presso la Comunità Saveriana. Negli scorsi giorni l’aggravamento e il trasferimento presso l’ospedale di Parma dove questa notte è nato al cielo in pace.



Come spiega l’Avvenire, il vescovo Biguzzi verrà sepolto nella “sua” Sierra Leone, desiderio espresso da sempre, accanto a mons. Auguro Azzolini, il primo storico vescovo della Diocesi di Makeni fondata nel 1962 proprio dai missionari saveriani. Nato nel Cesenate a Calisese il 4 febbraio 1936, mons. Biguzzi era stato ordinato presbitero nel 1960 seguendo già l’ordine missionario saveriano: dopo i viaggi in missione presso Usa, Congo e ritorno in Italia a Brescia, dal 1974 si è insediato nella Diocesi di Makeni, rimanendovi praticamente ininterrottamente fino al 2012.



ECCO CHI ERA MONS. BIGUZZI: L’AFRICA, I DIAMANTI E LA PACE CRISTIANA

Come spiegava ai colleghi di “Roma Sette” nel lontano 2017 lo stesso vescovo Giuseppe Biguzzi, l’Africa raccoglie la difficile eredità di decenni di ignobili politiche interne ed internazionali: dalla guerra dei diamanti che ha insanguinato per intere epoche il centro del Continente Nero fino al dramma del Sud Sudan, «Sono ormai tutti alla fame. Non c’è sicurezza in alcuna parte del Paese». Ha spesso richiamato anche gli altri vescovi presenti nelle diocesi sperdute dell’Africa a farsi sentire per contrapporre una logica di pace e speranza alla guerra mista a corruzione profusa.



Dai diamanti alla terribile vicenda dei bambini-soldato, era stato proprio mons. Biguzzi – nominato vescovo da San Giovanni Paolo II nel 1986 – a denunciare l’orrenda pratica delle tribù (islamiste e non) in Sierra Leone: «Amava tanto il suo popolo. Quando tornava in Italia coinvolgeva persone e gruppi nel trovare aiuti di ogni genere da donare», racconta al quotidiano della CEI la sorella Adele Biguzzi. In quanto membro del Consiglio interreligioso della Sierra Leone, il vescovo Biguzzi riuscì a costruire un accordo di pace tra il presidente Ahmed Tejan Kabbah e il leader del Fronte Unito Rivoluzionario, Fodai Sankoh, nei primi anni Novanta: nel 1999 venne per questo insignito del Premio Cuore Amico. La sua posizione di costruttore di pace non piaceva affatto ai sobillatori e terroristi, tanto che dopo aver collaborato per la liberazione delle Missionarie di Maria rapite dai ribelli nel 1995, il vescovo vene assalito e imprigionato per diversi giorni prima di essere liberato non senza strascichi politici e sociali interni alla Sierra Leone. Amava la pace e testimonianza il Vangelo di Gesù con gioia, pur nella sensibilità di comprendere il contesto in cui agiva: «guardava avanti e incoraggiava a non indietreggiare di fronte ai problemi. Parlavamo di tutto: dalla nostra vita familiare alla liturgia agli avvenimenti ecclesiali e politici. Non temeva le novità che si profilavano per la Chiesa. Accoglieva le sfide di oggi», racconta la sorella.