Ha permesso l’incontro tra Gorbaciov e Giovanni Paolo II, ha portato la fede nell’Albania comunista e diretto per anni l’Accademia Pontifica per la Vita: oggi Monsignor Vincenzo Paglia viene intervistato da “Libero Quotidiano” per raccontare le ultime novità nel mondo ecclesiale, la difficile situazione della Chiesa tedesca e in generale la crisi delle vocazioni a livello europeo. «Oggi la Chiesa suscita a volte ammirazione altre opposizione. Fa fatica a coinvolgere la gente attorno al Vangelo e al rinnovamento. Ho vissuto con entusiasmo la primavera del Concilio e il ’68. La Chiesa aveva cominciato a riprendere il dialogo con il mondo e la società, attraverso un linguaggio più comprensibile», spiega l’attuale presidente dell’Istituto Teologico Giovanni Paolo II per il Matrimonio e la Famiglia.



Spesso, denuncia Mons. Paglia, si è preferita la “lotta interna” nella Chiesa più che lo slancio per il dialogo con tutti: serve tornare a comunicare il Vangelo con gioia, rilancia l’arcivescovo, per sconfiggere la cultura della morte riemersa anche durante la pandemia Covid-19. «La morte, che avevamo come espulsa dalla nostra cultura e dal vocabolario, è rientrata prepotentemente tra noi. Siamo più spaventati e senza parole, per questo dobbiamo ritornare a parlarne», sottolinea ancora Paglia a “Libero.”



DIO, IL COMUNISMO E GORBACIOV

La vita dopo la morte da che mondo e mondo rappresenta l’incognita per eccellenza ma anche la domanda più profonda del cuore umano: l’arcivescovo suggerisce di considerare in quel dato momento come una vita che sarà “trasformata”, esattamente come fu quella di Gesù, «saremo come Lui dopo la resurrezione». Ci sarà il Paradiso e pure l’Inferno, spiega Mons. Paglia addentrandosi nell’infinito Mistero dopo l’esistenza: «cominciamo a prepararli qui sulla Terra. Ogni atto d’amore costruisce il Paradiso, così come ogni gesto di odio e indifferenza costruisce l’Inferno». L’intervista diviene sempre più pregna e l’uomo di Chiesa si fa ancora più serio: «quando moriamo avviene una seconda nascita», spiega, «ma non è la fine. È l’incontro tra un figlio peccatore e un Padre misericordioso e amorevole e potrà abbracciarlo». Se da un lato l’inferno è di fatto “preparato” da chi rifiuta fino all’ultimo l’amore del Padre misericordioso, per Paglia un vero “peccato” gravissimo è quello di porre fine volontariamente alla propria vita (eutanasia-suicidio) così come aiutare qualcuno altro a farlo (suicidio assistito): in una indiretta ma netta replica all’iter sul Referendum Eutanasia avviato dall’Associazione Coscioni, Paglia replica «non collaborerò mai con il lavoro sporco della morte, anche se alcuni pensano di vestirlo di compassione. Sarebbe la sua ultima vittoria. L’amore vuole l’eternità». Chiosa finale sulla sua esperienza di evangelizzazione nell’Albania comunista degli anni Novanta, con Mons. Paglia che racconta da vicino il viaggio intrapreso su incarico specifico di Papa Giovanni Paolo II: «Il ministro degli esteri albanese non voleva vedere nemmeno un prete, ma riuscii lo stesso a portare il Vangelo in quel paese comunista. In mezzo alla povertà assoluta. Ho assistito con i miei occhi al miracolo del cambiamento». Solo tre anni prima il primo incontro con Gorbaciov che pose le basi per lo storico vertice del 1989 in Vaticano con l’ultimo presidente del Soviet: «Conobbi nel 1988 uno dei consiglieri più ascoltati di Gorbaciov e cominciammo a lavorare su questo. Sentivano che l’Unione Sovietica doveva cambiare e in meno di due anni riuscimmo a organizzare il viaggio del presidente del Soviet a Roma. L’incontro tra lui e il Santo Padre del primo dicembre 1989 fu storico».

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