Monsignor Vincenzo Paglia, ospite di Oggi è un altro giorno, nel salotto di Serena Bortone, in occasione del Venerdì Santo, ha parlato del valore che ha la Pasqua nell’era attuale. “La morte ingiusta di Gesù ci riporta ai crocifissi odierni. I morti in Ucraina, i migranti, coloro che patiscono la fame. È una memoria che deve scuoterci e scardinare la rassegnazione di un mondo di guerra e di disgrazie. È una festività utile a farci comprendere che può esserci un cambiamento nella storia, che anche i crocifissi di oggi possono risorgere”.



In riferimento al conflitto in Ucraina, a partecipare alla Via Crucis Roma saranno anche alcuni esponenti della comunità colpita dall’invasione della Russia. “È un bel segno. È necessario un cambiamento da subito, non possiamo più aspettare. C’è bisogno di operare affinché tra fratelli non ci si ammazzi. È un qualcosa che possiamo fare. La fratellanza non è un concetto spirituale, ma umano. Le tre religioni abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo, ndr) devono allearsi per salvare l’umano”.



Mons Paglia: “Ucraini e migranti sono crocifissi di oggi”. L’appello per i corridoi umanitari

Oltre a chiedere la pace per l’Ucraina e per tutti i Paesi del mondo in cui si sta combattendo, monsignor Vincenzo Paglia ha rivolto un appello anche per quel che concerne il tema dei migranti. “Nella giornata odierna si leggerà il Vangelo della Passione. Ai tempi del racconto fu un cireneo, uno straniero della Libia, che portò la croce a Gesù. Adesso siamo noi a dare le croci a tanti cirenei. È urgente invertire la rotta. I corridoi umanitari sono un modo per non rassegnarsi ai morti in mare, perché aiutano i poveretti ad arrivare in Italia, dove possono essere accolti. La comunità di Sant’Egidio ne ha portati in salvo 6 mila. Se ogni Governo si impegnasse a salvarne 10 mila ciascuno, sarebbe già un cambio di cultura. Potremmo aiutate tutti di più”.



E conclude: “La responsabilità del fenomeno va cercata nel passato, quando nessuno ha fatto nulla. È falso dire aiutiamoli nel loro Paese, dato che è proprio lì che abbiamo fatto le guerre, abbiamo portato distruzione e poi ce ne siamo andati. È un problema che va governato, non soltanto stigmatizzato. Ci vuole volontà”.