“Scandalo del Palazzo” è già stato ribattezzato il caso che agita le acque del Vaticano nell’immediato post lockdown Covid-19: l’arresto del finanziere Gianluigi Torzi il 5 giugno scorso ha dato il là a numerose ricostruzioni sulla presunta compravendita del palazzo di Londra da parte di enti della Santa Sede. Sono stati indagati sia Monsignor Alberto Perlasca che Fabrizio Tirabassi responsabili dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato Vaticana e oggi il Corriere della Sera svela che sarebbero stati sequestrati anche i conti in Svizzera dei due monsignori: «Un monsignore che è stato molto vicino al Papa. Il banchiere storico del Vaticano. Il funzionario della Segreteria di Stato. I due finanzieri dell’affare della palazzo di Londra. Ecco i nomi dietro i conti svizzeri sequestrati», scrive il pezzo di inchiesta sul CorSera, imputando a Monsignor Perlasca l’intestazione-gestione di questi conti milionari al centro dell’indagine del Promotore di Giustizia in Vaticano.
Il sequestro è stato poi imposto dalla magistratura svizzera a seguito dell’inchiesta sull’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra dal valore di 300 milioni di euro: «Sono finiti sotto sequestro anche conti intestati al finanziere Raffaele Mincione. E poi quelli del gestore dell’Obolo di San Pietro e del patrimonio della Segreteria di Stato, Enrico Crasso, già dirigente del Credit Suisse e ora fondatore e responsabile del fondo maltese Centurion che ha in mano una cinquantina di milioni di euro sempre del Vaticano e investiti, fra l’altro, in Italia Independent di Lapo Elkann e nel film su Elton John», riporta ancora il Corriere della Sera.
L’ATTACCO DI FRANCESCA CHAOUQUI
Perlasca e Tirabassi sono indagati per peculato, in concorso con i finanzieri Torzi e Mincione per il passaggio-vendita del palazzo londinese: «Il peculato riguarderebbe la cifra di 40 milioni di euro pagata dalla Segreteria a Mincione per sciogliere l’investimento del Vaticano nel fondo Athena: si trattò di un conguaglio in denaro determinato dalla valutazione degli investimenti del fondo, a cominciare dal palazzo di Sloane Avenue, che sarebbe stato sopravvalutato», scrivono ancora Mario Gerevini e Fabrizio Massaro per il Corriere della Sera. Dopo le prime indagini, il Cardinale Angelo Becciu era sbottato dicendo che non si trattava assolutamente di un «terremoto in Vaticano», bensì «E’ una fantasia giornalistica: lui dovrà rispondere di un reato ben preciso di cui lui solo è responsabile. E il Vaticano continuerà come prima […] Siete sicuri che quel palazzo sia stato uno sperpero? Ma non vi è venuto il dubbio che se venduto ora si avrebbe il doppio di quello che è costato (148 milioni quando c’ero io, se poi vi sono state altre aggiunte lo chiedete a chi le ha fatte, io non c’ero più)?».
Gli risponde a tono da distanza Francesca Chaouqui, tra le principali “protagoniste” dei primi Vatileaks anni fa: «Auspico che ora venga fatta luce, soprattutto sulle responsabilità dei sacerdoti che in quel momento hanno ritenuto di utilizzare i fondi dell’Obolo come fossero le casse di casa loro. La lobby finanziaria è disposta ad uccidere». Secondo la già arrestata nell’ambito delle prime inchieste su Vatileaks ancora oggi esisterebbe una vera e propria «cupola gestita da clero e laici dietro le ruberie. Conservo le prove, coperte da segreto pontificio, che non ho violato nemmeno per difendermi quando la cupola ha deciso di farmi arrestare», commenta le nuove inchieste su Adnkronos. Infine ancora l’ex collaboratrice laica del Vaticano Francesca Chaouqui ribadisce «Arrivarono addirittura a istituire un processo mediatico, indebolendo così l’immagine delle persone all’interno della Commissione quando si stava per giungere al nocciolo della questione. Papa Francesco, dal canto suo, pur consentendo il processo, allo stesso tempo ha dato l’opportunità di continuare a indagare».