Sergio Rubini in “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” per aprire il 20 agosto (ore 21:30) al Teatro Galli la serie degli spettacoli del 44° Meeting per l’amicizia tra i popoli. Il popolare attore e regista pugliese porta in scena il testo di Éric-Emmanuel Schmitt, con musiche originali di Simone Zanchini alla fisarmonica, e la regia di Otello Cenci, in collaborazione con il Comune di Rimini e la Sagra Musicale Malatestiana.
Dal testo del romanziere, saggista, drammaturgo francese naturalizzato belga, membro della prestigiosa Académie Goncourt fu tratto l’omonimo film (2003) di François Dupeyron, con Omar Sharif, Pierre Boulanger e Isabelle Adjani.
Asse portante delle opere di Schmitt è l’indagine su quanto siano complessi (e per nulla scontati) i rapporti nella vita privata. L’autore, dati anche i suoi studi, dà spesso un taglio filosofico, talvolta religioso, ai suoi romanzi e drammi teatrali; ma ciò che più balza all’occhio è il lato introspettivo, psicologico delle vicende così come dei personaggi.
Quali i motivi d’interesse della messa in scena di questo testo? «Lo spettacolo – spiega Cenci – avrà l’inconfondibile voce narrante di un attore talentuoso come Sergio Rubini, accompagnata dalle note della fisarmonica di Simone Zanchini, musicista tra i più innovativi del panorama internazionale. Ė motivo d’orgoglio che abbiano accettato di portarlo in scena, rendendosi disponili ad “entrare” nel testo, in consonanza anche con il titolo di questa edizione del Meeting: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”».
Nell’intreccio di strade di un popolare quartiere parigino degli anni Sessanta, dove i nomi delle vie hanno il sapore delle favole (rue Bleue, rue de Paradis), l’adolescente Momo vive con un padre assente sprofondato in una silenziosa e fosca depressione. Perso il lavoro si suiciderà gettandosi sotto un treno. Nello stesso quartiere vive anche monsieur Ibrahim, l’unico arabo in una via “ebrea”, titolare della drogheria dove Momo si reca a fare la spesa quotidiana, non esitando ogni tanto a sgraffignare qualche scatoletta di conserva. Tuttavia, l’anziano droghiere non gli serba rancore, anzi gli regala bottiglie e scatolette, gli dispensa preziosi consigli su come amministrare il denaro e su come ricercare la felicità. La loro amicizia si sviluppa e presto Moїse, come Momo è chiamato da Ibrahim, si sente più vicino a lui che al padre. Così comincia la storia di un’amicizia, intessuta di ironia, candore e profonda saggezza.
«Ed è questo incontro con il vecchio Ibrahim – sottolinea Cenci – che diventa una sorpresa per l’esistenza di Momo, perché segna per il protagonista una svolta, un cambiamento, una differenza tra il prima e il dopo».
A un certo punto, proprio in quel malfamato angolo di mondo arriva una troupe per girare un film. Durante una pausa entra nel negozio di monsieur Ibrahim una bellissima attrice bionda che sembra, ed è, Brigitte Bardot, come portata da un sogno. «L’apparizione di BB segna un nuovo momento di passaggio per Momo, che comprende come anche in un quartiere così malfamato si possa vedere giungere il segno di un reale cambiamento reso possibile a partire da un’amicizia che cambia la realtà», spiega Cenci.
Come in una favola o un apologo che non pretende di dare lezioni morali, ma soltanto proporre un sogno da decifrare, i due protagonisti si incamminano verso il grande mondo, in un viaggio alle radici del sufismo praticato da Ibrahim, fino a Istanbul e all’Anatolia, verso una libertà che li fa inerpicare verso l’alto, guidati da quell’arte di sorridere alla vita racchiusa nei preziosi fiori del Corano.
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