Arranco con fatica nella neve alta per raggiungere una delle videotrappole che ho sistemato nel bosco per monitorare il ritorno del lupo sulle mie Dolomiti, mentre il sole al tramonto illumina di rosso la grande Civetta sopra di me.

Fatica e gioia. Torno a Milano qualche ora dopo per ascoltare Alberto Rollo che presenta il suo nuovo libro Il grande cielo (Ponte alle Grazie, 2023) e nelle sue parole, parlate e scritte, trovo le stesse sensazioni. Quelle che animano tutti noi escursionisti quando salendo si guarda il cielo e scendendo la valle. È una vera educazione sentimentale che descrive Rollo, non quella di Flaubert per una donna (c’è anche questa, comunque, nel libro…) ma per la montagna.



Narrata in questo caso non dal punto di vista strettamente alpinistico, ma puramente escursionistico, di chi iniziando da bambino dietro il padre severo ma buono ha poi per tutta la vita percorso ogni sentiero, sulle Alpi e non solo. Ci sono tanti personaggi ben noti nelle pagine, incontrati sul sentiero in carne e ossa o solo con l’immaginazione.



Sì, perché ci dice Rollo chiacchierando del libro, “la montagna non è fatta solo di sentieri, scalate, discese, ma è anche la montagna immaginata. Una salita immaginata è più importante di una compiuta, non importa quale sia la montagna”. Una grande verità. Così insieme a Rollo incontriamo sui sentieri del pensiero Tolstoj, Rilke, Rebora, Testori, Buzzati, Rigoni Stern, e “dal vivo” Corona, De Luca, Cognetti e tanti altri. Ma l’incontro/non incontro che ci piace di più è quello con la tomba di Walter Bonatti e Rossana Podestà davanti al mare di Portovenere: il Bonatti di Rollo “ha la faccia omerica dell’eroe. Ci fa accedere al cielo come l’ha visto lui e solo lui”. Montagna immaginata, quindi montagna di libri, potenti compagni dell’immaginazione.



“I libri – scrive Rollo – sono come gli ometti di pietra, che segnano il percorso sui sentieri”. I primi sentieri lui li ha percorsi, come tanti di noi, dietro al padre, che gli insegnava a non sedersi durante le brevi soste, e a non bere: “si beve solo, e poco, quando si arriva”. Quante volte ho ripetuto le stesse cose, perlopiù inascoltato, ai miei figli, che pure da piccoli sono stati bravissimi, come il piccolo Rollo, a seguirmi ovunque per ore di salite e sudore. E male ai piedi, e vesciche.

Un leitmotiv di Rollo è infatti quello di aver sempre avuto in montagna scarpe inadatte, scivolose e dolorose. Lo capiamo bene. Quante volte abbiamo sofferto dentro a pedule o scarponi, che stranamente, diventavano comodi e perfetti solo dopo anni e anni, proprio quando, ormai usurati e rotti, bisognava buttarli via. Le scarpe in montagna sono come la vita, ogni volta è sempre troppo tardi quando impariamo come si fa.

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