Era una notte buia ma non tempestosa di 80 anni fa quando nel modo più assurdo finì a 35 anni la vita di Ettore Castiglioni (108-1944), alpinista, scrittore, partigiano, soprattutto salvatore di centinaia di persone, ebrei ma non solo (tra gli altri il futuro presidente Luigi Einaudi), che guidava tra il 1943 e il ’44 nel difficile percorso sui passi alpini tra l’Italia fascista e la Svizzera neutrale. Incarcerato in Svizzera con l’accusa di contrabbando, fuggì l’11 marzo nottetempo e senza scarpe e nel gelo si inerpicò fino al Passo del Forno verso la Val Malenco, dove morì assiderato per pochi metri al di qua del confine italiano.
A Sospirolo, nel Bellunese, c’è fino a giugno una bella targa erratica che lo ricorda, come alpinista e come Giusto dell’Umanità. La targa ha finora percorso 3mila chilometri in Italia, e tra poco partirà per l’America del Sud, dove nel 1937 Castiglioni con la spedizione Bonacossa in Patagonia si avvicinò alla vetta del Fitz Roy, che fu poi conquistato nel ’52 dai francesi proprio attraverso la Brecha de los Italianos, raggiunta 15 anni prima da Castiglioni e soci. Castiglioni salvatore di tanti ebrei è immortalato nel Giardino dei Giusti di Milano e altrove.
Fu un alpinista di punta, negli anni Trenta del Novecento, quelli d’oro del sesto grado, aprì grandi vie nelle Dolomiti e nelle Alpi Occidentali, come primo o come secondo di cordata insieme ad altri grandissimi come Vinatzer o Detassis. E anche uomo di cultura e scrittore: in particolare, le sue guide alpinistiche pubblicate nella famosa collana Monti d’Italia di Cai-Tci restano ancora insuperate per precisione e ricchezza di dettagli. Gli altri suoi scritti, editi da Hoepli come Il giorno delle Mésules. Diari di un alpinista antifascista, sono un classico della letteratura di montagna. Il libro più bello sulla sua vita lo ha poi scritto Marco Albino Ferrari: La storia di Ettore Castiglioni. Alpinista. Scrittore. Partigiano (Tea Storica). Per pochi come per lui, vale la pena augurarsi “che la terra gli sia lieve”.
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