Negli scaffali dove raccolgo i miei dischi, ho diverse versioni dei madrigali di Monteverdi. Ci sono quelli distribuiti una cinquantina di anni fa dalla casa editrice low cost Nonesuch e affidati ai solisti vocali e strumentali della Società Cameristica di Lugano diretta da Edwin Loherer. Inoltre, ci sono quelli diretti da Raymond Leppard (che ha portato Monteverdi al Glyndebourne Festival) con vari ensemble e quelli di Michel Corboz con gli ensemble vocali e strumentali di Losanna che si esibiscono con strumenti antichi. Infine, le esecuzioni recenti di Roberto Gini con diversi ensemble vocali e strumentali di Cremona e quelli diretti da Nikolaus Harnoncourt. Per diversi anni, quella di Harnoncourt è stata considerata la registrazione di riferimento anche a causa del fortunato successo della produzione delle tre opere al Teatro dell’Opera di Zurigo e delle relative videocassette, inizialmente, e DVD, successivamente, spesso mostrati in TV. Per quanto buone, queste esecuzioni non hanno il giusto tocco nell’interpretare Monteverdi come un compositore che attraversa tra due epoche: il Rinascimento e il Barocco.
Il cofanetto pubblicato da Naxos (quindici CD e nove libretti) è il risultato di un lungo lavoro per interpretare Monteverdi allo stesso modo in cui è stato suonato ai suoi tempi. E’ il risultato di una ricerca di Marco Longhini (il direttore d’orchestra) e del suo ensemble (Delitiae Musicae) per trovare il giusto tocco. In effetti, il set include non solo i nove libri di madrigali stricto sensu ma tutte le composizioni di Monteverdi (compresa la musica da balletto), ad eccezione delle sue tre opere liriche a noi tramandate più o meno complete e della musica sacra. Si tratta di una vera scoperta filologica che permette all’ascoltatore di seguire gradualmente Monteverdi dal suo stile rinascimentale iniziale al suo barocco negli ultimi anni della vita. Longhini e Delitiae Musicae hanno dovuto prendere diverse decisioni di esecuzione e interpretazione, attentamente dettagliate e spiegate principalmente nel primo dei nove libretti inclusi nel cofanetto. La decisione più importante è l’uso solo di cantanti maschi come era consuetudine all’epoca. La combinazione di controtenori, tenori, baritoni e bassi offre un affascinante mix di timbri, mai sentito in precedenti registrazioni.
Ancora più importante, i CD e i libretti ad essi associati hanno un’integrità che può essere afferrata meglio ascoltandoli e leggendoli tutti in una sequenza – una ventina di ore di ascolto. Seguono il percorso di Monteverdi dalla musica rinascimentale di corte alla chiesa barocca, al concerto e persino alla musica teatrale. Questa integrità deriva chiaramente dal primo libro di madrigali, pubblicato nel 1587, ossia al crepuscolo del Rinascimento. Molto probabilmente, nelle esibizioni c’era musica strumentale per accompagnare il canto. Marco Longhini e Delitiae Musicae usano il basso accompagnato; ciò dà un sapore arcaico.
Il secondo libro di madrigali, pubblicato nel 1590, ha alcuni interessanti progressi verso forme modellate intorno ai testi e per sostenerli. C’è un madrigale in due parti, uno dei brani più famosi e più frequentemente studiati dell’intero repertorio madrigalesco. Due parti – pensate alle «arie con d’accapo» – diventeranno caratteristiche standard del repertorio barocco. Il terzo libro di madrigali è l’ultimo di quello che si deve considerare la prima delle tre fasi dell’evoluzione di Monteverdi. Fu un grande successo ai tempi del compositore. Inizialmente, fu pubblicato nel 1592 a Venezia e ristampato ben sette volte, l’ultima edizione nel 1621. Il costo della pubblicazione era alle stelle in quell’epoca. Le ristampe indicano un grande successo non solo tra gli aristocratici ma tra gli amanti della musica allora contemporanea in generale. Cambiano anche i temi: mentre nei primi due libri prevalgono gli aspetti morali, questo terzo libro è principalmente sensuale.
Anche il quarto libro fu pubblicato sette volte in Italia e all’estero tra il 1603 e il 1644. Molto probabilmente, la prima stampa fu ritardata dal viaggio di Monteverdi in Ungheria, al seguito del duca di Mantova, e dalla pubblicazione del primo libro di madrigali di Carlo Gesualdo nel 1594. È denso di innovazioni. Quasi come sigilli, Monteverdi apre e chiude il libro con due brani sperimentali. Il quinto libro, pubblicato a Venezia nel 1605, porta ancora più avanti l’innovazione. C’è, prima di tutto, un cambiamento formale: il tradizionale madrigale a cinque voci viene spezzato in duetti e terzetti ed ha una scrittura strumentale più elaborata. Si sviluppa in mini-drammi dal forte senso teatrale. Sentiamo di essere alle radici stesse dell’opera: solo cinque anni prima Euridice di Jacopo Peri, su un testo di Ottavio Rinuccini era stata eseguita a Firenze da un gruppo di aristocratici (la Camerata) che pensavano di dare nuova vita alla la tragedia greca classica. L’innovazione è pure nei contenuti, con una maggiore enfasi sulle espressioni.
Il sesto libro fu pubblicato nel 1614 ed è un’esplorazione delle principali forme musicali del periodo al fine di sfruttare al meglio la transizione verso l’innovazione. Il brano centrale è il Lamento d’Arianna che faceva parte di un’opera (ora perduta). Nel cofanetto, ci sono sia la trascrizione polifonica sia la versione per solista. È un’aria a quattro parti. La versione polifonica ha una ricchezza di armonie e dettagli sofisticati, mentre, la versione per solista è un brano teatrale altamente drammatico che nell’opera anticipa un lieto fine, come si apprende dal libretto di Ottavio Rinuccini, una copia del quale è sopravvissuta nei secoli. Il libro include interessanti madrigali occasionali commissionati da varie autorità. Di queste, due arie sono particolarmente notevoli anche perché hanno un accompagnamento strumentale molto leggero.
Il settimo libro (intitolato Concerto dello stesso Monteverdi e pubblicato nel 1619) prende tre CD della collezione in quanto comprende 32 composizioni. L’innovazione centrale è che non ci sono madrigali tradizionali a cinque voci ma pezzi da una a quattro voci. In alcuni, i violini si uniscono al basso continuo per accompagnare le voci. Insomma, è una collezione sperimentale che per la sua innovazione ha attratto musicologi del rango di Malipiero. Si tratta di una collezione piuttosto eclettica, dai madrigali di seduzione ai madrigali sensuali ad un madrigale di balletto.
L’ottavo libro fu pubblicato nel 1638 e contiene opere della maturità quando Monteverdi ha fatto il passaggio dal Rinascimento al Barocco. Ci sono alcuni dei madrigali oggi più eseguiti sia in concerto sia in forma scenica-teatrale. L’ensemble vocale è ampliato a più di cinque artisti. Il basso continuo è completato da un ensemble barocco di quattro viole. Il libro comprende il Combattimento di Tancredi e Clorinda, un’azione drammatica di sedici numeri che viene spesso messa in scena; questa è un’opera breve con un inizio di grande impatto e un finale tragico. Altrettanto importanti sono i Madrigali Guerrieri da giustapporre ai Madrigali Amorosi. L’inizio dei due cicli è affascinante. Vi è anche una esecuzione filologica del Ballo delle Ingrate, un balletto che debuttò a Mantova nel 1608 ma spesso ripreso nei teatri d’opera. Ci sono diverse dramatis personae femminili nel Ballo delle Ingrate; adesso i registri vocali alti sono affidati di norma a soprani, ma in linea con le esecuzioni ai tempi di Monteverdi, in questa edizione sono cantati da «voci bianche» (bambini, adolescenti) e controtenori. In sintesi, l’ottavo libro è come una cattedrale gotica che raggiunge con i suoi pinnacoli il cielo della musica e della scoperta musicale. Il nono libro, pubblicato postumo nel 1651, include quello che può essere chiamato les pêchés de vieilleuse di Monteverdi ormai compositore anziano che aveva così tanto contribuito alla musica nei suoi settantasette anni di vita – a quel tempo l’aspettativa di vita media era di circa trentacinque anni.