La comunità scolastica musulmana (certamente contro il suo stesso volere) torna a far parlare di sé dopo gli ampi sconti a cui abbiamo assistito il mese scorso nella scuola di Pioltello, con un nuovo caso che interessa la città di Monza: diversi genitori, infatti, hanno denunciato la consuetudine di alcune mamme musulmane di ritirare i figli da scuola indossando il burqa. Un vera e propria violazione della legge che è già finita la scorsa settimana sui banchi del Consiglio Comunale, per volere del forzista Pier Franco Maffè, che si è fatto portavoce delle lamentele dei genitori, preoccupati che il burqa possa nascondere un qualche malintenzionato che intende rapire (nel completo anonimato) i bambini.
Prima di arrivare alle novità del caso torniamo un attimo con la mente allo scorso lunedì, quando Maffè (citato da Monza Today) ha ricordato che “negli ospedali e negli uffici pubblici entrare con il volto coperto è vietato per motivi di sicurezza” denunciando di aver ricevuto “alcune foto” da diverse scuole locali che raffigurano “le mamme [che] accompagnano i figli, entrando nella scuola, indossando il burqa”. Dal conto suo ha precisato che “non mi interessano le guerre o le polemiche”, a sottolineare che il suo esposto è solo fine ad evidenziare “un problema di sicurezza“.
L’avvocato dei genitori di Monza: “La legge 157/75 vieta di entrare a scuola con il burqa”
Dopo l’intervento di Maffè era arrivato anche il parere di Ambrogio Moccia (sempre citato da Monza Today) che nel comune ricopre il ruolo di assessore alla sicurezza, secondo il quale la legge che proibisce l’uso del burqa in pubblico “riguarda i luoghi sensibili come per esempio i tribunali, gli ospedali, oppure le sinagoghe”, mentre all’interno di una scuola “il problema può essere superato chiedendo alla donna i documenti“. L’ultimo atto dello scontro (almeno per ora) riguarda, infine, il coinvolgimento, per la volontà dei genitori, di un avvocato che possa far valere anche per il burqa a scuola la legge 157/75.
Il legale in questione è Agostino D’Antuoni che alla redazione di Monza Today ha ricordato che (differentemente dall’opinione di Moccia) nella legge si citando genericamente “luoghi pubblici o aperti al pubblico“, tra i quali si può tranquillamente includere la scuola; mentre ha smentito l’ipotesi (per le mamme musulmane con il burqa che dovranno, forse, difendersi davanti al giudice) di appellarsi alla clausola sul “giustificato motivo” per ragioni religiose inclusa nella legge: “Così”, spiega, “è stato stabilito dalle sentenze successive” mentre il Lombardia “nel 2015 era stata introdotta una delibera che vietava e vieta alle donne di entrare nei luoghi pubblici col burqa” che era stata confermata (a fronte di un ovvio ricorso) dalla Corte d’Appello che ritenne “ragionevole e giustificato consentire la possibilità di identificare le persone che accedono nei luoghi pubblici”.