L’agenzia di rating “Moody’s” ieri ha confermato il rating sul debito italiano, Baa3, e migliorato l’outlook da “negativo” a “stabile”. Il giudizio di Moody’s, prima della decisione di ieri, era il livello più basso possibile tra quelli “investment grade”; un downgrade avrebbe quindi spedito il debito italiano tra quelli “spazzatura” e avrebbe prodotto la maggiore dispersione di giudizio tra le tre principali agenzie degli ultimi dieci anni (l’ultima volta era toccato all’Irlanda). L’andamento del decennale italiano degli ultimi giorni e dello spread, sceso di 30 punti base in meno di un mese, poteva essere il presupposto per una grande delusione. Invece, non solo non è arrivato il temuto downgrade, ma l’Italia si ritrova con un outlook migliore.
Moody’s spiega che la decisione di rivedere l’outlook riflette la stabilizzazione delle prospettive economiche, la solidità del settore bancario e gli andamenti del debito pubblico. Le prospettive economiche di medio termine continuano a essere supportate dall’implementazione del Pnrr, i rischi sulle forniture energetiche si sono ridotti. I miglioramenti del settore bancario supportano la crescita economica. Una crescita del Pil sostenuta nei prossimi anni riduce il rischio di un deterioramento fiscale
Il rating italiano, invece, è supportato dai significativi punti di forza dell’economia, incluso un robusto settore manifatturiero, dalla ricchezza delle famiglie e dal basso livello di debito privato. L’agenzia crede che lacune istituzionali limiteranno i miglioramenti strutturali per la crescita, dall’implementazione delle riforme agli investimenti. Non è chiaro come le recenti ipotesi di riforma istituzionale entrino in questo quadro.
Moody’s si attende che il debito pubblico italiano rimanga vicino al 140% del Pil perché un “ampio e sostenuto consolidamento fiscale è politicamente sfidante”. Il rating tiene anche in considerazione il supporto della banca centrale europea con il suo impegno a usare tutti gli strumenti disponibili per rispondere a repentini incrementi dei tassi non giustificati dai fondamentali economici.
Anche Moody’s, dopo S&P e Fitch, mette al centro della crescita italiana i fondi europei che diventano, in assenza probabilmente di un’autonomia di spesa, l’unico strumento di politica economica. I rischi relativi alle forniture di energia migliorano sia per l’azione politica del Governo che ha diversificato le fonti, sia per l’inverno mite del 2022/2023. Promosso il settore bancario con la tassa sugli extraprofitti sostanzialmente disinnescata nell’ultima versione dell’Esecutivo.
L’agenzia di rating avverte che la traiettoria del debito è “altamente sensibile alle assunzioni sulla crescita, sui tassi di interesse e sul bilancio fiscale” e che anche una minima deviazione dallo scenario di base potrebbe mettere il debito pubblico “su una traiettoria di crescita più pronunciata”.
Due ultime sottolineature. Moody’s assume, nella sua valutazione, che l’invecchiamento metterà pressione al rialzo sulla spesa, ma anche che il Governo “implementi qualche misura per contrastare” alcune di queste “pressioni”. Sembra quindi che Moody’s abbia incluso nella sua analisi qualche riforma delle pensioni.
Nell’elenco sulle possibili motivazioni di un futuro downgrade, con cui Moody’s chiude l’analisi, si legge che “l’evidenza di maggiori rischi geopolitici, inclusi quelli che derivano dall’invasione russa in Ucraina, sarebbero negativi per il rating e l’outlook”.
Sappiamo che gli sviluppi geopolitici degli ultimi due anni sono particolarmente importanti per il nostro Paese e che evidentemente l’Italia avrebbe ogni interesse economico a spegnere i focolai di tensione.
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