«Semplicemente per una questione di affari, nulla di personale». Celebre e sempre attuale la frase ricavabile nel romanzo Il Padrino di Mario Puzo. Probabilmente, una tale affermazione non avrebbe avuto un gran seguito se relegata al solo testo: si sa, leggere costa fatica. Invece, riprodotta nella successiva filmografia, tale considerazione (come molte altre) hanno preso vigore, forza e incarnato quel cinismo che individua una delle principali doti di chi investe: al bando l’emotività poiché sinonimo di errori. E anche noi, oggi, attraverso questo periodico appuntamento, vogliamo alienare la soggettività. Lasciare spazio ai fatti. Nulla di più. Perché «semplicemente per una questione di affari, nulla di personale».
A chi ci rivolgiamo? A due autorevoli e imponenti soggetti del mondo finanziario internazionale: la prestigiosa agenzia di rating Moody’s e la primaria e mastodontica banca d’affari statunitense Goldman Sachs. Difficile dimenticare le loro recenti esternazioni nei confronti del nostro Bel Paese e, a distanza di qualche settimana, riteniamo opportuno ri-contestualizzare le loro precedenti avvisaglie.
Era fine aprile e, nel corso di sole ventiquattrore, si apprendeva come gli analisti di Goldman Sachs avevano consigliato ai loro clienti di shortare (vendere) i Btp preferendo, invece, i sottostanti spagnoli. Parallelamente, nelle medesime ore, l’agenzia di rating Moody’s palesava un suo giudizio (non richiesto) sul futuro del debito tricolore con l’ovvio e implicito rischio di poter assistere a un suo stesso potenziale downgrade destinato, ormai, a un livello inferiore a quello di attuale investment-grade.
Prescindendo dalle motivazioni alla base di ciascuna indicazione (che volutamente evitiamo di riportare), nella pratica, l’Italia ha subito un vero e proprio “attacco”: almeno dal punto di vista mediatico. Sì, perché solo questo è stato. Solamente una dovuta cronaca che ha caratterizzato la consueta cadenza giornaliera delle notizie da riportare da parte delle agenzie. Nient’altro. Infatti, il mercato, non ha accusato alcuna tensione. Nessun cosiddetto sell off. Nulla. Niente.
A questo vuoto, però, le giornate a seguire hanno riportato una verosimile smentita con il trascorrere del tempo. Una smentita alle precedenti “rimostranze” degli illustri giudici a stelle e strisce. Un’obiezione alle parole astratte attraverso fatti concreti: i numeri.
Infatti, come altri Paesi, anche l’Italia ha visto inanellare una serie di dati economici diffusi dai principali osservatori istituzionali: Eurostat e Commissione europea. Abbiamo detto tutto. Entrambi, senza alcuna particolare distinzione (non vogliamo approfittarne), hanno riscontrato un netto e significativo miglioramento per il futuro del nostro Paese. Una crescita meglio delle precedenti stime, una dinamica percentuale oltre la media europea che, sorprendentemente, pone lo stivale italico ai vertici di una classifica alla quale non siamo abituati (lo ammettiamo) a occuparne la vetta.
Difficile contenere l’entusiasmo in questi momenti. Molto difficile. Ma, immaginiamo, possa essere stato ancor più difficile accusare il colpo da parte di coloro che nelle giornate precedenti avevano sollevato scetticismo nei nostri confronti. A questi ultimi la realtà – quella oggettiva – ha presentato il conto. Un conto salato e privo di commento. Un glissare sia nei fatti e che nelle parole senza alcun tipo di scampo.
Nell’ordine: a Moody’s era data la possibilità di poter agire (o infierire?) sull’Italia in occasione dell’appuntamento in agenda di settimana scorsa sull’eventuale revisione del merito di credito. Risultato? Nessuna azione. Nessun agire. Nulla. Si legge: «Moody’s fa slittare l’aggiornamento sul rating dell’Italia» (Ansa). Proseguendo: alla view ribassista di Goldman Sachs i Btp hanno replicato con un rialzo prolungato nelle successive giornate e, nonostante il recente calo fisiologico che accomuna l’intera asset class obbligazionaria, le quotazioni risultano in linea rispetto alla data del “warning”.
Una motivazione a questa errata valutazione? Eccola. Domenica, infatti, sul quotidiano Il Sole 24 Ore si possono leggere le parole del Ceo di Goldman Sachs Richard Gnodde che, in risposta a tale riscontro sottolineato dal giornalista (rif. «Eppure appena un mese fa ai clienti suggerivate di vendere Btp») replica: «Quelle erano soltanto indicazioni tattiche fornite dai nostri esperti sui tassi che si basavano sulla sensibilità del Btp al ciclo di rialzo della Bce: solo una lista di 10-15 possibili operazioni, fra cui quella di sottopesare i Btp rispetto ai Bonos spagnoli, che si possono ribaltare in pochi minuti. Il punto veramente importante è che il vostro Paese vive finalmente una fase di stabilità politica, con un Governo eletto democraticamente che può durare per cinque anni e che può sfruttare questo vento che soffia in poppa e assicurare crescita futura».
Incredibile. Non siamo abituati. Sembra un sogno. Invece è tutto vero. Vero come la realtà dei fatti. Vero come il grosso abbaglio che ha accumunato entrambi i camaleontici “giudici” statunitensi. Almeno questa volta abbiamo vinto noi. Ha vinto l’Italia e gli italiani. Sia ben chiaro: nessun rancore nei confronti di alcuno. È «semplicemente per una questione di affari, nulla di personale».
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