L’approccio della Svezia alla pandemia, secondo il report Covid pubblicato su Humanities & Social Sciences Communications mediante Nature.com, è stato a dir poco disastroso. Lo studio scientifico rileva che la strategia svedese del laissez-faire “ha avuto un grande costo umano per la società e diversi studi hanno dimostrato che i costi umani sarebbero stati significativamente inferiori in Svezia se fossero state attuate misure più severe, senza impatti più dannosi sull’economia”.



Gli autori dello studio, ripreso in Italia dal “Corriere della Sera”, sono scienziati di università del Belgio, della Svezia e della Norvegia, che hanno esaminato tutti gli articoli scientifici rilevanti, sottoposti a revisione tra pari e pubblicati sulla gestione della pandemia in Svezia e negli altri Paesi nordici e ha cercato di raccogliere tutte le conversazioni via e-mail, gli ordini del giorno delle riunioni, gli appunti delle riunioni e i comunicati stampa delle parti interessate coinvolte nel processo decisionale a livello nazionale. Dall’esame è emerso che “il popolo svedese è stato tenuto all’oscuro di fatti fondamentali come la trasmissione aerea del SARS-CoV-2, che gli individui asintomatici possono essere contagiosi e che le mascherine proteggono chi le indossa e gli altri”.



SVEZIA COVID, IL REPORT CHOC: “A MOLTI ANZIANI SOMMINISTRATA MORFINA”

Nature, a proposito della gestione in Svezia del Covid, riporta alcuni passaggi davvero da brividi, che noi citiamo testualmente dal “Corriere della Sera”: “A molti anziani è stata somministrata morfina invece di ossigeno, nonostante le scorte disponibili, ponendo fine di fatto alla loro vita”. La decisione di fornire cure palliative a molti adulti anziani “è molto discutibile; pochissimi anziani sono stati ricoverati per il Covid-19. Un trattamento appropriato (potenzialmente salvavita) è stato negato senza esame medico, e senza informare il paziente o la sua famiglia o chiedere il permesso. Molti funzionari hanno continuato a negare ogni responsabilità e c’è stata solo una limitata protesta pubblica in Svezia quando questo è venuto fuori. La narrazione comune è che quelli nelle case di cura sono destinati a morire presto comunque”.



Durante la primavera del 2020, poi, molti individui non sono stati ricoverati negli ospedali e non hanno nemmeno ricevuto un esame sanitario poichénon erano considerati a rischio, con il risultato che gli individui sono morti a casa nonostante avessero cercato aiuto. Inoltre, c’erano istruzioni di triage disponibili nella regione di Stoccolma che mostravano che gli individui con comorbidità, indice di massa corporea superiore a 40 kg/m2, età avanzata (80+) non dovevano essere ammessi in unità di terapia intensiva, poiché era improbabile che si riprendessero”.

SVEZIA, REPORT COVID CHOC: COINVOLTI ANCHE I BAMBINI

Ancora il report diramato da “Nature” e pubblicato sul “Corriere della Sera” rivela che, nonostante i segnali preoccupanti giunti da diversi ospedali, “l’Agenzia per la salute pubblica e il governo hanno continuato a sostenere che ci fossero ancora letti di terapia intensiva disponibili in Svezia e che la loro strategia non è fallita poiché sono stati in grado di mantenere il contagio a livelli che il sistema sanitario poteva gestire. Tuttavia, la Svezia ha ottenuto il punteggio più basso sull’accessibilità dei letti di terapia intensiva in base a uno studio di 14 Paesi europei che ha esaminato l’impatto sul tasso di mortalità da Covid-19.

L’Agenzia della Salute Pubblica, in base a quanto si legge nel report, “ha negato o declassato il fatto che i bambini potessero essere infettivi, sviluppare malattie gravi, o guidare la diffusione dell’infezione nella popolazione. Le loro e-mail interne indicano il loro obiettivo di usare i bambini per diffondere l’infezione nella società”. Infine, ci sono stati anche rapporti su disuguaglianze e ingiustizia sociale come conseguenza della risposta della Svezia, in particolare “con gli anziani, le persone nelle case di cura, gli individui con un background migratorio e i gruppi socio-economicamente meno avvantaggiati (anche di giovane età) colpiti dall’eccesso di mortalità. Questa narrazione della disuguaglianza è stata apertamente comunicata dai funzionari, compresa l’Agenzia della Salute Pubblica, sostenendo che l’infezione da Coronavirus nelle case di cura può essere stata diffusa dal personale con scarsa padronanza della lingua svedese, che ‘abbiamo una maggiore diffusione a causa della maggiore popolazione immigrata’, che ‘solo gli stranieri si ammalano’, che ‘solo le persone che sembrano turisti indossano maschere facciali in pubblico’. Non sono stati fatti sforzi significativi per diminuire queste disparità”.