Cristina Toncu, 30 anni, voleva diventare mamma. Per questo motivo aveva deciso di rivolgersi insieme al marito, Stefan Sirbulet, alla clinica Terramed a Chisinau, in Moldavia, tentando la strada della fecondazione assistita. La scelta di effettuare l’operazione in Moldavia anziché in Italia era frutto di un discorso economico: all’estero avrebbe speso un quinto della cifra richiesta nel Belpaese. Come riportato da Il Corriere della Sera, la coppia aveva appuntamento per il prelievo degli ovociti lo scorso 26 agosto. Una procedura sulla carta semplice, non più di venti minuti di durata. La donna, però, è andata in arresto cardiaco, è entrata in coma e vi è rimasta fino al 2 settembre, quando è morta per la disperazione dei suoi cari. Cristina Toncu da 12 anni viveva a Chivasso: impiegata nella gelateria dei cugini, “Antartide“, situata in viale Matteotti, a due passi dal centro.



CRISTINA TONCU, MORTA A 30 ANNI DOPO FECONDAZIONE ASSISTITA

Entrambi originari di Singerei, in Moldavia, Cristina e Stefan avevano affidato alla scienza le loro speranze di diventare genitori. Lo ha spiegato proprio il marito della donna, intervistato da Il Corriere della Sera: “Per circa quattro anni, abbiamo tentato di avere un figlio. Poi, confrontandoci con alcuni amici, abbiamo deciso di rivolgersi a una notissima clinica privata della capitale, specializzata nella fecondazione in vitro“. Le condizioni di Cristina sono precipitate alle 8 di mattina del 26 agosto ma, spiega Stefan, “mi hanno chiamato solo tre ore dopo. Il medico mi ha chiamato nell’mbulatorio e mi ha detto che il cuore di Cristina si era fermato. Ha aggiunto che aveva fatto bene il suo lavoro, che non c’erano state complicazioni. Poi mi ha detto di stare calmo, che si sarebbe risolto tutto nel giro di due settimane“. L’epilogo è stato tragico: Cristina è morta il 2 settembre, anche in questo caso senza che i suoi cari fossero subito informati: “Cristina stava bene – giurano i parenti – lo dicono anche le sue analisi“. Adesso vogliono “capire che cosa sia accaduto. Vogliamo giustizia per la sua morte“. Come scrive ancora il Corriere della Sera, oltre alla denuncia presentata alla Procura con l’obiettivo di avviare un procedimento penale contro i medici e la clinica, la famiglia ha chiesto l’interessamento del Ministero della Salute moldavo.

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