Condannato a 22 anni di carcere per aver taciuto di avere l’HIV e aver avuto rapporti sessuali con due donne, arrivando a provocare la morte della sua ex compagna (da cui aveva avuto un figlio), deceduta nel 2017 a soli 45 anni. Questa la sentenza della corte d’Assise di Messina nei confronti di Luigi De Domenico, 58enne messinese accusato di omicidio volontario e lesioni personali aggravate. Una storia inquietante e tragica, cui si è aggiunto anche un episodio di malasanità. Mentre la vittima, un’avvocato civilista, per due anni peggiorava in maniera vistosa, i due medici che l’avevano in cura non vennero mai sfiorati – dal sospetto che potesse trattarsi di AIDS.
Tutto ha inizio nel 1991, quando la prima moglie di De Domenico muore per Aids. Poi nel 2017, dopo due anni di malattia apparentemente senza spiegazione, muore anche l’ex compagna. Prima del suo decesso, la sorella scopre la sieropositività della donna e risale all’ex cognato e alla catena di contagio iniziata addirittura 26 anni prima. Non si fa in tempo a salvare la vittima, ma a scoprire l’untore sì. De Domenico, infatti, secondo quanto ricostruito dai magistati ha avuto altri rapporti, tra cui uno accertato da questa sentenza.
Morta di Aids contagiata da ex compagno: “Le dissero che era anoressica”
“Sua sorella è anoressica“, fu la diagnosi di uno dei medici dinanzi alle immagini della donna distesa su un divano, visibilmente deperita. Impossibile da credere che quell’insospettabile professionista messinese fosse la causa dei suoi problemi. “Sarebbe stato sufficiente andare su internet (Google) ricercando linfocitopenia cause e sarebbe apparsa Aids come prima risposta“, questo hanno scritto – come riportato da ilfattoquotidiano.it – due consulenti nominate dalla procura: una docente di Malattie infettive dell’università di Modena e Reggio Emilia, e una docente di Microbiologia dell’università di Tor Vergata. La consulenza ha così dato ragione ai familiari che hanno ingaggiato una durissima lotta per far emergere la verità, denunciando il reumatologo e l’ematologa che non hanno saputo curare la donna. Il reumatologo – secondo quanto emerso dalla consulenza della procura – prescrisse alla paziente addirittura “farmaci immunosoppressori, non giustificati oltretutto da una diagnosi certa, peggiorando ulteriormente il quadro clinico di Aids conclamato non diagnosticato“. La donna finì per aggravarsi ulteriormente, fino ad arrivare alla diagnosi tardiva e alla morte. Un errore figlio del fatto che la paziente, giovane, avvocatessa, non apparteneva ad una “cosiddetta categoria a rischio“. “Un pregiudizio del genere“, hanno scritto le esperte, “non dovrebbe mai influenzare la professionalità medica“.
Da questa lunga vicenda sono scaturiti due processi: uno ha visto terminare il primo grado con la pesante condanna ai danni di De Domenico. I difensori della famiglia della vittima, Candido Bonaventura ed Elena Montalbano, hanno commentato: “In questa dolorosa vicenda nessuno può ritenersi vincitore. Il riconoscimento delle nostre ragioni non restituisce alla vita la collega contagiata e, soprattutto, non restituisce la madre al nostro giovane assistito. Potremo sostenere che la ‘giustizia’ ha trionfato solo quando avremo una sentenza definitiva. Al momento ci limitiamo a constatare che la corte di Assisse ha riscontrato la fondatezza delle nostre argomentazioni nonché delle prove raccolte dalla Procura ed integrate dalla difesa”.