Perché ci sono tanti morti in Lombardia con coronavirus? In realtà non esiste un “caso”. Secondo uno studio dell’Università Vita-Salute del San Raffaele non è legittimo parlare di “eccesso di mortalità” in questa regione, nonostante sia stato il primo territorio occidentale a fronteggiare l’epidemia, quindi quella potenzialmente meno preparata. Dall’indagine, condotta sui primi 30 giorni di espansione del virus, è emerso che è la Regione Lombardia è riuscita a limitare la diffusione del coronavirus nella sua zona a più alta densità abitativa, cioè Milano. I ricercatori hanno confrontato le risposte all’emergenza attuate in Lombardia con quelle messe in campo in altre cinque aeree metropolitane con caratteristiche simili dal punto di vista demografico, commerciali, di scambi e movimenti persone. Quindi, con New York, Il-de-France (Parigi), la contea di Greater London, Bruxelles-Capital e la Comunidad autonoma di Madrid. Il dato di maggior rilievo è quello sul tasso cumulativo di mortalità per Covid-19, calcolato dal giorno in cui ci sono stati i primi tre casi mortali e per i trenta successivi.



CORONAVIRUS LOMBARDIA, IN REGIONI NEW YORK E MADRID PIÙ MORTI

New York è il territorio più colpito con 7.429 decessi (81,2 ogni 100mila abitanti). Madrid è molto vicina con 5.136 morti (77,1 per 100mila abitanti), mentre la Lombardia ha fatto registrare un tasso di mortalità pari a 41,4 persone ogni 100mila abitanti. I morti in 30 giorni sono stati 4.178. Un dato «sotto la media» per i ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Lo studio rivela che la Lombardia «è l’unico caso in cui il capoluogo (Milano) non è stato sin qui investito, in modo rilevante, dall’onda pandemica». Interessanti anche i dati sui posti letto di terapia intensiva nelle aree prese in esame: la Lombardia li ha aumentati del 114 per cento, in una misura simile a Madrid, mentre New York si è fermata al 67 per cento. Londra e Bruxelles rispettivamente del 49,8 e 40 per cento. Parigi del 109 per cento. L’analisi ha preso in considerazione i numeri diffusi giornalmente sui siti ufficiali, «che sono sicuramente un indicatore più attendibile rispetto alle notifiche delle infezioni, dato largamente sottostimato rispetto a quello reale e variabile in base alle diverse strategie di effettuazione dei tamponi». Tirando quindi le somme, la Lombardia finora ha mostrato dati di mortalità alti per casi, ma inferiori in proporzione alla popolazione residente.



CORONAVIRUS, LO STUDIO “MORTALITÀ LOMBARDIA? FALSO MITO”

Questo andamento per Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e Salute Pubblica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e primo autore dello studio, si spiega con «il fatto che l’epidemia non ha investito il capoluogo metropolitano di Milano ma solo alcuni capoluoghi limitrofi tra cui Bergamo, provincia con oltre 1 milione di abitanti». Secondo lo studio dell’Università Vita-Salute San Raffaele i fattori che hanno contribuito a “difendere” l’area metropolitana di Milano sono «la tempestività dei provvedimenti di contenimento e mitigazione delle autorità pubbliche che hanno ridotto gli assembramenti, e quindi il rischio di contagio tra persone» e «l’efficacia e la sicurezza delle cure erogate dalle strutture ospedaliere che hanno ricoverato i pazienti Covid–19, giacché in tutto il mondo gli ambiti sanitari sono stati i maggiori propulsori di questa epidemia».



In attesa di un report sull’andamento dell’emergenza anche nelle settimane successive a quelle prese in esame, per gli studiosi non emergerebbe un “caso” Lombardia quanto ad eccesso di mortalità a confronto con altre metropoli occidentali. «E il rapido adeguamento della rete di offerta ospedaliera ha saputo far fronte a una rilevante onda pandemica riuscendo fino ad oggi a limitarne la diffusione nell’area a più alta densità abitativa, cioè a Milano». Carlo Signorelli ha aggiunto: «Il nostro lavoro evidenzia come si sia imposto un “falso mito” che attribuisce alla Lombardia un eccesso di mortalità da Covid-19».