La Procura di Frosinone ha aperto un fascicolo, per ora contro ignoti, per la morte dell’avvocato Andrea Dini in cui ipotizza il reato di istigazione al suicidio. Alcuni punti non tornano per gli inquirenti. Quando il corpo del legale è stato rinvenuto sotto la finestra del suo studio, in via Kennedy, si è subito pensato al suicidio. Ora non si escludono altre ipotesi, anche perché non è chiaro come mai il cadavere sia stato trovato a cinque metri dalle mura del palazzo adiacente al vecchio stadio Matusa, non sotto la finestra. Inoltre, il 50enne era svestito.
C’è poi un altro giallo. Mentre la famiglia celebrava i funerali, ignoti sono entrati nella sua abitazione di via Tiburtina. Si è subito pensato a ladri, ma non è stato portato via nulla dalla casa. Tutti questi elementi hanno messo in allerta la Squadra mobile. Oltre a mettere sotto sequestro lo studio legale, la Procura ha disposto quello del pc e del telefonino, dando incarico ad un ingegnere informatico, Stefano Solli, di estrarre la copia forense dai dispositivi, e l’esame esterno della salma.
MORTE ANDREA DINI: I DUBBI DEGLI INQUIRENTI
Nel frattempo, la Procura di Frosinone ha sentito una decina di persone, tra collaboratori e colleghi, per ricostruire gli ultimi giorni di vita e i contatti dell’avvocato Andrea Dini. Il pomeriggio prima della morte, il legale aveva effettuato tre videochiamate e una serie di telefonate con i suoi più stretti amici e collaboratori. Pare fosse molto stressato. Sono pochi a credere alla pista del suicidio. Poco prima di morire l’avvocato aveva riferito alla moglie, dopo aver ricevuto una telefonata, di dover andare da un suo amico, Dario. Ma non si è mai visto con lui.
Invece è andato nel suo studio, ma non si sa per incontrare chi. Elementi ulteriori potrebbero provenire proprio dall’analisi del telefonino. Nello studio sono stati trovati il divano sotto alla finestra e gli indumenti che il legale, molto noto per la sua esperienza nei sinistri stradali e, in particolare, nei rimborsi richiesti alle assicurazioni, indossava quando è uscito da casa. Quando la polizia ha sequestrato la sua borsa, avrebbe trovato assegni emessi dalle compagnie di assicurazione.
LA PISTA DELLE TRUFFE ALLE ASSICURAZIONI
Proprio nelle ultime ore è emersa la pista che conduce a certificazioni false e truffe alle assicurazioni dietro alla morte dell’avvocato Andrea Dini. Come riportato da Il Mattino, in Procura era aperto un fascicolo per un raggiro molto cospicuo. Gli investigatori non confermano che la vittima fosse coinvolta nella vicenda dei certificati per le assicurazioni e chi lo conosce giura che non c’entrava con ipotetici imbrogli. Ma al vaglio degli investigatori ci sono alcuni documenti acquisiti nello studio legale. La celerità con cui è stato aperto il secondo fascicolo, dopo il suicidio di Andrea Dini, la direbbe lunga sugli indizi in mano agli inquirenti. Il legame non viene dichiarato ufficialmente, ma esisterebbe e porterebbe dritto al raggiro. Il quotidiano riferisce che negli ambienti del tribunale se ne parla da tempo, anche se non c’è conferma. Chi indaga non esclude che l’avvocato potesse essere sotto ricatto o aver subito pesanti minacce a suo danno o verso familiari, se non per la vicenda delle assicurazioni, per altro. Un rebus da risolvere per gli investigatori che stanno indagando per istigazione al suicidio.