SENTENZA CONSULTA RIVEDE LEGGE SULLA CITTADINANZALa morte del coniuge non può impedire il diritto e l’acquisizione alla cittadinanza

: l’ultima sentenza della Corte Costituzionale, depositata martedì 26 luglio dalla giudice redattrice Emanuela Navarretta, arriva a sconvolgere la legislazione corrente in materia di cittadinanza oltre ad aprire scenari importanti per chi straniero, migrante o apolide si troverà nella situazione di coniugarsi con cittadini italiani. La sentenza numero 195 della Consulta del resto è chiarissima d questo punto: «è intrinsecamente irragionevole e, dunque, in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, negare la cittadinanza allo straniero (o all’apolide) sposato con un cittadino italiano ma rimasto vedovo dopo aver presentato l’istanza e prima della definizione del relativo procedimento».



Va ricordato che ad oggi la disciplina in materia di cittadinanza italiana fa capo alla legge 91/1992 approvata dall’allora Governo Amato, che tra l’altro oggi presiede la Corte Costituzionale come Presidente (suo mandato scade a fine settembre). Quanto deciso oggi dalla Consulta, di fatto, andrà a modificare e non poco l’impianto di legge in materia: viene infatti dichiarato illegittimo l’articolo 5 della legge del 1002, nella parte in cui «non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento di cui al successivo articolo 7, comma 1».



CONSULTA, COSA DICE LA SENTENZA SULLA MORTE DEL CONIUGE

Per questo motivo, lo straniero che in conseguenza di matrimonio con cittadino italiano, «abbia maturato i requisiti legali per chiedere la cittadinanza, non può vedersi negare il relativo provvedimento a causa della morte del coniuge verificatasi nel corso del procedimento per il riconoscimento del suo diritto». Nelle motivazioni preliminari della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale (in attesa delle piene motivazioni in uscita nei prossimi 30 giorni), la Consulta ha poi spiegato che è irragionevole la cittadinanza italiana allo straniero che avrebbe maturato il diritto, solo perché divenuto vedovo.



La morte, si legge ancora nella sentenza n.195/2022 è infatti «un evento del tutto indipendente sia dalla sfera di controllo del richiedente sia dalla ragion d’essere dell’attribuzione della cittadinanza». Nello specifico, si legge nella sentenza pubblicata dall’Ufficio della Corte: «la morte, pur se scioglie il vincolo matrimoniale, non fa venire meno, tuttavia, la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare, basata sulla solidarietà coniugale, e dunque non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi». Il diritto a ottenere la cittadinanza, qualora siano maturati i prescritti requisiti di durata del matrimonio, restano dunque: due anni, se i coniugi risiedono in Italia, tre anni se risiedono all’estero, con un dimezzamento dei termini in presenza di figli. In conclusione, la norma sulla morte del coniuge presente fino ad oggi nell’ordinamento italiano risulta «del tutto irragionevole e totalmente estranea anche all’esigenza di evitare possibili utilizzi strumentali del matrimonio».