Nei giorni scorsi si è svolta l’udienza davanti al tribunale del Riesame durante la quale si è a lungo discusso sulle misure cautelari da applicare o meno ai tre indagati per la morte di Giuseppe Pedrazzini. Il caso relativo al pensionato 77enne di Toano, trovato morto in fondo ad un pozzo a pochi metri dalla sua abitazione, sarà al centro della puntata di stasera di Quarto Grado. Stando a quanto reso noto da quotidiano Il reso del Carlino, il pubblico ministero Piera Cristina Giannusa ha impugnato l’ordinanza con cui il gip Dario De Luca aveva scarcerato i tre familiari di Pedrazzini, ovvero la moglie Marta Ghilardini, la figlia Silvia e il genero Riccardo Guida.



Nel dettaglio, il pm ha chiesto che ai tre indagati sia applicata la custodia cautelare in carcere per sequestro di persona dal momento che a suo avviso ci sarebbero gravi indizi di colpevolezza. Mentre non ha chiesto neanche questa volta la misura restrittiva per la più grave delle ipotesi di reato, ovvero l’omicidio aggravato in concorso.



Morte Giuseppe Pedrazzini: la procura chiede il ritorno in carcere per i tre indagati

La moglie di Giuseppe Pedrazzini avrebbe raccontato che l’uomo sarebbe stato segregato in casa dall’8 marzo scorso, quando tornando a casa lo avrebbe trovato agonizzante. L’anziano, avrebbe raccontato Marta Ghilardini, sarebbe spirato proprio tra le sue braccia, morto per cause naturali. A quel punto la figlia ed il genero lo avrebbero avvolto in un lenzuolo e gettato in fondo al pozzo, ricoprendolo poi con una lastra di 120 chili. Secondo il pubblico ministero, a conferma delle accuse di sequestro di persona ci sarebbe il fatto che le porte di casa fossero tenute chiuse. Tuttavia è stato ribadito anche il movente economico. Secondo il pm la confessione della moglie sarebbe stata resa solo per alleggerire la sua posizione. Alla richiesta del carcere le difese si sarebbero ovviamente opposte.



Il difensore della vedova di Giuseppe Pedrazzini, scrive ancora il quotidiano, ha prodotto alcuni documenti ed ha negato che la donna abbia agito per soldi avendo bene immobili. A detta del legale inoltre la sua assistita avrebbe fatto ciò che le veniva imposto per paura. L’avvocato della figlia e del genero, invece, avrebbe depositato una memoria difensiva, sottolineando come non vi sia bisogno di aggravare la misura cautelare attuale da sempre rispettata dai suoi assistiti.