Poco più di un anni fa, il 15 luglio 2020, Mario Paciolla, giovane cooperante italiano delle Nazioni Unite, fu trovato morto in Colombia in circostanze misteriose. A Spotlight, su RaiNews24, è stata realizzata un’inchiesta sulla morte del ragazzo dal titolo “Mario che costruiva la pace”, in cui è stata ricostruita l’intera vicenda, partendo dalle parole del giornalista di Magazin 740, William Gonzalez: “Eravamo in onda con il tg che inizia alle 8.00 quando abbiamo saputo che una persona si era suicidata. Lo abbiamo detto al nostro operatore che è andato sul luogo. Eravamo in diretta ed è arrivata la notizia che era un funzionario dell’Onu”, ha spiegato. Quel giorno, ha aggiunto il giornalista, circolarono delle foto in alcune chat Whatsapp in cui si vedeva sangue a terra: “Hanno cominciato a circolare voci e pettegolezzi, parlavano di stregoneria perché c’era del sangue e una catena d’oro in un pentolino”, ha aggiunto il giornalista. Successivamente è emerso uno scenario completamente diverso dal quale è emerso un delitto drammatico. “Ma quello che sanno tutti è che si è suicidato, è la prima cosa che è stata detta”, ha aggiunto Gonzalez.
Ancora oggi le Nazione Unite, nel documento che raccoglie tutte le morti tra il personale in servizio, in riferimento alla morte di Mario Paciolla parla appunto di suicidio, bollando così la morte del giovane cooperante sebbene ci siano due inchieste ancora aperte. La prima è stata aperta in Colombia e sin dai primi momenti ha ipotizzato il reato di omicidio, la seconda è l’inchiesta della procura di Roma.
MORTE MARIO PACIOLLA: COOPERANTE ONU UCCISO?
Sulla morte di Mario Paciolla ci sono due autopsie, una colombiana ed una italiana che direbbero una il contrario dell’altra. C’è poi un’inchiesta condotta da una giornalista colombiana che attraverso fonti delle Nazioni Unite ha ricostruito gli ultimi istanti di vita di Mario svelando un possibile movente clamoroso della caduta di un ministro a seguito della diffusione di un dossier su cui Mario aveva lavorato. Qualcosa non torna: la velocità con cui l’Onu ha bollato il caso come suicidio, la sparizione di alcuni oggetti del ragazzo dal suo appartamento, la pulizia con l’uso di candeggina dell’intero appartamento da parte del capo della sicurezza, senza avvisare i magistrati. Mario Paciolla era arrivato a dire di sentirsi “sporco” e di non volere più nulla a che fare con le Nazioni Unite proprio pochi giorni prima di morire. I tanti dubbi sulla vicenda purtroppo non sono ancora stati del tutto chiariti e l’attenzione, da cinque mesi a questa parte, si concentra su una palazzina di Bogotá, sede della missione di verifica dei trattati di pace delle Nazioni Unite e dalla quale si attendono risposte alle domande chiave di questa triste storia.
I DUBBI E GLI ULTIMI MESSAGGI
La vita di Mario Paciolla cambia nel 2018, anno in cui decise di andare a vivere in Colombia, nel cuore dell’Amazzonia, al secondo piano di una casa in piena zona rurale. Ci resterà per due anni, fino al 15 luglio 2020, quando fu trovato senza vita in circostanze ancora tutte da chiarire. La giornalista investigativa Claudia Julietta Duque che ha realizzato un’inchiesta sulla sua misteriosa morte, ha parlato della loro amicizia, definendola centrata sul giornalismo e sulla politica, ma anche sulla musica salsa. La sua inchiesta sul presunto omicidio del ragazzo ha svelato numerosi aspetti oscuri. Qualcosa sarebbe successo negli ultimi cinque giorni di vita di Mario. “Mi aveva detto che voleva andarsene ad agosto e che voleva fare il dottorato in Italia”, ha svelato la giornalista. “Non pensava di porre fine alla sua vita, era felice”, ha proseguito. Il 10 luglio Mario avrebbe scritto a qualcuno di avere dei problemi al lavoro e lo dice anche alla madre alla quale dice di non potere stare più in Colombia dove non si sentiva più al sicuro. “Quel giorno è successo qualcosa di molto grave”, ha proseguito l’amica, “Mario sapeva che sarebbe stato ucciso, stava cercando di lasciare la zona e non ce l’ha fatta”. I suoi vicini di casa hanno ammesso di non aver sentito nulla di strano il giorno della sua morte. All’ex fidanzata dice di essere stressato, confuso, preoccupato dalla possibilità che possa esserci un’indagine interna all’Onu contro di lui. Le dice di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere e che stupidamente si era confidato. “Era disperato”, ha commentato un altro suo amico, al quale aveva detto di non avere più nulla a che fare con l’Onu e con la Colombia.