La Cassazione ha depositato oggi le motivazioni relative alla sentenza di circa venti giorni fa con la quale veniva annullata la sentenza di Appello ordinando così un nuovo processo per i due uomini imputati per la morte di Martina Rossi, 20enne di Genova morta a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011. Secondo gli ermellini, i giudici dell’Appello con un “esame invero superficiale del compendio probatorio, hanno ritenuto di ricostruire una diversa modalità della caduta della ragazza, cadendo in un macroscopico errore visivo di prospettiva nell’esaminare alcune fotografie, quanto all’individuazione del punto di caduta, individuandolo nel centro del terrazzo”. Per questo hanno ritenuto che debba nuovamente celebrarsi il processo d’Appello.



Nella sentenza della Cassazione si legge inoltre – come riporta Corriere.it – che “Martina precipitò senza i pantaloncini del pigiama e tale elemento oggettivo indiscutibile non può ‘sparire’ anch’esso dalla valutazione dei giudici di merito, ma deve essere correttamente considerato in collegamento con le altre evidenze probatorie al fine di esaminare in via deduttiva le probabili o possibili ragioni della sua mancanza addosso a Martina al momento della caduta, essendo evidente che i pantaloncini con cui la ragazza giunse nella stanza d’albergo degli imputati furono tolti quando la stessa si trovava all’interno della camera 609”. Parole, queste, che mettono in dubbio la tesi del suicidio.



MORTE MARTINA ROSSI, MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE

I giudici della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza sulla morte di Martina Rossi prendono in esame anche l’intercettazione del 7 febbraio 2012 “la cui analisi è addirittura ritenuta superflua dal Collegio d’appello”. Per gli ermellini, inoltre, “La sentenza impugnata  non è capace di resistere, considerata sia l’incompletezza, sia la manifesta illogicità, sia la contraddittorietà della motivazione redatta dal Collegio di appello, risultando tale motivazione priva di una visione sistematica dell’intero quadro istruttorio e non esaustiva e osservante dei principi giurisprudenziali”. La famiglia della giovane Martina non ha mai smesso di lottare affinchè sia fatta giustizia. Per gli inquirenti la 20enne tentava di fuggire da un tentativo di stupro e trovandosi la porta chiusa avrebbe tentato di scavalcare per raggiungere il balcone della sua stanza. I due imputati hanno invece sempre sostenuto la loro estraneità: per loro la giovane si tolse la vita. Il processo di primo grado si chiuse con la richiesta di pena dell’accusa di 7 anni e la condanna degli imputati a 6 anni. In Appello i due giovani sono stati assolto per il reato non cancellato dalla prescrizione. Quindi il ricorso in Cassazione che ha annullato la sentenza di Appello ordinando un nuovo processo.

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