In Italia, così come nel Regno Unito e nella maggior parte dei paesi europei, Francia e Germania inclusi, stiamo vivendo la terza ondata infettiva da coronavirus. Infatti, le curve di incidenza (nuovi casi) di contagio di vari paesi mostrano, in modo più evidente nel Regno Unito e, meno evidente ma parimenti percettibile, negli altri Paesi citati, che – a partire dalla fine di novembre o dai primi di dicembre del 2020 – una nuova ondata infettiva ha iniziato a provocare ricoveri e morti, sovrapponendosi alla seconda che era partita dopo l’estate.



La curva dei nuovi casi di contagio mostra che, nel Regno Unito (Figura 1), la terza ondata è stata decisamente più dannosa delle due precedenti, ma che sta perdendo di intensità. La terza ondata, infatti, ha avuto un picco nei primi giorni del 2021 e sembra destinata ad esaurirsi verso la fine di febbraio, o appena dopo. Ovviamente, se non intervengono fatti nuovi.



Figura 1: Nuovi casi di contagio da Covid-19 nel Regno Unito (dati mediati su 7 giorni; fonte: Center for Systems Science and Engineering (CSSE) at Johns Hopkins University, UK)

Figura 2: Nuovi casi di contagio da Covid-19 in Germania (dati mediati su 7 giorni)

I nuovi casi di contagio della Germania (Figura 2) e dell’Italia (Figura 3) mostrano un andamento simile a quello del Regno Unito. Tuttavia, la sovrapposizione temporale tra la seconda e la terza ondata rende in Germania e Italia meno evidente l’effetto della terza ondata che sta imperversando nel Regno Unito. Anche la Francia (dati non esibiti, ma reperibili su Wikipedia) mostra una sovrapposizione tra ondate simile a quelle dell’Italia e della Germania.



Tra i paesi citati, che sia il Regno Unito quello più colpito è ancor più evidente se si esaminano i nuovi casi in rapporto alla popolazione. Chiamiamo questo rapporto “tasso di incidenza del contagio”. Il tasso di incidenza giornaliero del Regno Unito, nella settimana considerata, è di 61 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, valore che è circa il triplo di quello di Germania e Italia e circa il doppio della Francia (precisamente: 16, 22 e 29 casi per 100.000 abitanti).

Figura 3. Nuovi casi di contagio da Covid-19 in Italia (dati mediati su 7 giorni)

Se analizziamo i dati italiani sulla mortalità per coronavirus (Figura 4) – dati che sono meno soggetti all’accidentalità delle statistiche sui contagi valutati tramite i tamponi e i ricoveri ospedalieri – notiamo che la terza ondata ha già provocato numerose morti, ma che (se valgono le ipotesi che spieghiamo nel seguito) la terza ondata sta avendo, e nel complesso avrà, un impatto decisamente meno forte sulla mortalità rispetto alla prima e alla seconda.

Figura 4: Morti confermate per Covid-19 in Italia

Per spiegare il nostro punto di vista, dobbiamo per forza introdurre un’ipotesi statistica. L’ipotesi è che l’epidemia ha un andamento all’incirca “normale”, a forma di campana, ossia con una rapida crescita di nuovi casi e un successivo rallentamento della crescita fino al raggiungimento di un culmine, che assomiglia alla sommità di una collina, e infine inizia una discesa, rapida tanto quanto lo è stata la crescita, fino al totale annullamento del fenomeno. Una curva di questo tipo si dice “normale” perché una grande quantità di fenomeni, sia naturali che sociali, si “distribuiscono” in questo modo.

Tanto per fare due esempi, è “normale” sia la distribuzione delle stature attorno alla statura media di una popolazione, sia la diffusione nella società di una qualsiasi innovazione. La legge di diffusione di un’innovazione (può trattarsi dell’introduzione nel mercato di uno smartphone, ma anche dello scoppio di un’epidemia da virus) è così fatta: dopo un periodo di rodaggio, l’innovazione ha una rapida diffusione fino ad un punto in cui, per vari motivi, perde di forza e, dopo poco, i suoi effetti sulla società decelerano alla stessa velocità con cui si sono diffusi. Ad intuire la legge normale fu un grande matematico tedesco di nome Gauss agli inizi del 1800, e per questo è detta anche “gaussiana”.

Nella Figura 5 si può vedere che la prima ondata epidemica, da febbraio a giugno 2020, ha un andamento (segnato in nero) un po’ diverso dalla normale (segnata in rosso tratteggiato), tuttavia sappiamo quanto è stato precario il primo impatto dell’epidemia, in modo particolare sulle statistiche dell’epidemia, sia in termini di presa di conoscenza del fenomeno, sia rispetto ai criteri improvvisati di “tracciamento” di dati sull’infezione a quel tempo adottati. Basta guardare gli andamenti degli altri Stati per capire che il fenomeno diffusivo è circa “normale” ovunque.

La normalità della mortalità da Covid in Italia è, invece, più articolata nella seconda ondata, quella iniziata nel settembre del 2020. Si può, infatti, osservare che la mortalità della seconda ondata è cresciuta a forma di campana quasi perfetta fino ad una sommità che si è verificata verso i primi di dicembre e poi ha iniziato a scendere, ma – da gennaio del 2021 e per varie settimane – la discesa si è arrestata e la funzione ha ondeggiato senza scendere né salire decisamente.

La nostra ipotesi (suffragata dai dati, come si vedrà nel seguito) è che la mortalità per Covid non sia scesa come avrebbe dovuto, perché si è sommata alla mortalità della seconda quella di una nuova ondata epidemica partita circa tre mesi dopo. Questa complessità si prospetta nella Figura 5.

Figura 5: Interpolazione con curve “normali” dei casi di morte da Covid-19 in Italia (nostra elaborazione dei dati rappresentati nella Figura 4)

Se, infatti, si ipotizza un andamento normale anche per la terza ondata, si verifica che il numero di morti rilevato in Italia a partire da dicembre del 2020 è compatibile con la sovrapposizione di due curve normali, una più grande, molto simile alla prima ondata, e una di minore entità che possiamo chiamare terza ondata.

Nel grafico a sinistra della Figura 6, i segmenti (tratteggiati in blu) con i quali si è ipotizzata la terza ondata sono le differenze tra i morti ipotizzati come conseguenza della seconda ondata (curva in rosso) e quelli effettivamente registrati, a partire da novembre 2020, dal sistema di tracciamento dei casi.

Nel grafico a destra nella Figura 6, le differenze tratteggiate tra la mortalità effettiva e quella ipotizzata sono riportate sull’asse di base. Diventa così evidente che i dati sulla mortalità sono compatibili con la sovrapposizione di due fenomeni “normali” che hanno agito e stanno agendo allo stesso tempo (da circa tre mesi) sulla popolazione italiana.

Figura 6: Interpolazione dei casi di morte da Covid-19 in Italia con due curve “normali” (in tratteggiato blu le eccedenze rispetto alla seconda ondata. NB: le eccedenze del grafico a sinistra hanno la medesima lunghezza di quelle del grafico a destra)

Che cosa rappresenti questa terza ondata non è intuibile dai dati analizzati. Dovrebbero, invece, saperlo – e farcelo sapere – i responsabili della sanità pubblica del Paese, ministero della Salute e Istituto superiore di sanità in testa. Noi possiamo solo fare delle supposizioni.

Siccome il fenomeno si è manifestato allo stesso tempo in Italia e in altri Paesi europei, può darsi che sia dovuto alla diversa incidenza della mortalità di un ceppo secondario (inglese, o altro) di coronavirus rispetto alla mortalità della seconda ondata. Oppure – ma questa è un’ipotesi poco probabile – che il surplus di mortalità da Covid sia determinato dall’interazione tra questa malattia e una malattia cronica o una particolare condizione o abitudine della popolazione italiana. Questa sventurata e improbabile ipotesi aprirebbe altro sconcerto sul futuro dell’epidemia, dato che nulla si sa di questo possibile fenomeno, e porrebbe ulteriori interrogativi sui vaccini. Possiamo solo sperare che improbabile voglia dire impossibile.

Se l’ipotesi di sviluppo di un ceppo secondario del virus è vera, la seconda ondata epidemica completerà i suoi effetti letali verso i primi di febbraio del 2021 e la terza ondata li completerà verso la seconda o terza settimana di marzo. Si tenga conto che il contagio precede di settimane la manifestazione letale, dato che, tra incubazione dell’infezione e manifestazione letale, in mediana, passano 18-20 giorni (dati Ecdc – European Centre for Disease prevention and Control).

Evidenziamo che l’ipotesi di “normalità” che abbiamo associato agli esiti letali del contagio risulta dalla fusione di due fenomeni: l’azione devastante del virus e la reazione della comunità sociale. Per capire quanto la reazione della comunità colpita dal virus sia importante nel determinare l’altezza della curva che descrive la letalità del contagio basta confrontare le curve di paesi che hanno avuto esitazioni nel contrastare la malattia con quelle di altri che sono stati più reattivi: è palese che la pronta limitazione nei contatti umani e l’osservanza di regole igieniche specifiche contengono l’impatto della malattia.

Purtroppo, il processo di azione-reazione implica che è sempre il virus a fare la prima mossa. È, quindi, necessario togliere al virus questa primazia e, a tutt’oggi, non abbiamo migliore arma che un buon vaccino. E il discorso sui vaccini è, a sua volta, complesso per altri motivi.

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