Due detenuti in sciopero della fame sono morti nella Casa di reclusione di Augusta. Ne dà comunicazione l’Ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale in un comunicato. La morte delle due persone in sciopero dalla fame sono avvenute a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, secondo quanto di apprende. Il primo detenuto stava osservando lo sciopero da 60 giorni mentre il secondo da 41, ed era un ergastolano che protestava poiché fin dal 2018 aveva richiesto di essere estradato nel proprio Paese.



Il Garante nazionale, nel dare la notizia della morte dei due detenuti, ha ribadito la necessità di una completa informazione tra gli Istituti penitenziari e l’Amministrazione regionale e centrale, in modo che nessun altro detenuto debba morire in carcere e possa invece vedere affrontate le problematiche che presenta all’attenzione pubblica. Ma non solo, perché il Garante nel comunicato si è scagliato esplicitamente contro il “silenzio” che la Casa di reclusione di Augusta ha fatto cadere sulla morte di queste due persone.



Detenuti morti dopo sciopero della fame, Garante: “servono soluzioni e comunicazioni chiare”

Morti nella Casa di reclusione di Augusta due detenuti che stavano osservando lo sciopero della fame da 60 e da 41 giorni. Decessi che, secondo il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, sarebbero stati circondati dal silenzio dello stesso istituto di detenzione. In particolare, nel comunicato il Garante fa un preciso parallelismo con i fatti di cronaca attuali notando che “mentre molta doverosa attenzione è stata riservata allo sciopero della fame nel caso di una persona detenuta al 41-bis, con interrogativi che hanno anche coinvolto il mondo della cultura e l’opinione pubblica, oltre che le Istituzioni, nella Casa di reclusione di Augusta il silenzio ha circondato il decesso di due persone detenute avvenute a distanza di pochi giorni, ambedue in sciopero della fame”.



Il Garante nazionale, sebbene scriva esplicitamente che “non intende assolutamente sollevare problemi relativi all’assistenza che queste persone possono avere avuto nell’Istituto e all’adempimento dei protocolli che sono previsti in simili casi” domanda però con forza che situazioni analoghe possano essere affrontate con una maggiore chiarezza nelle comunicazioni, in modo che si possano trovare soluzioni che non portino mai più alla morte di due persone.