C’è una falla nel sistema di gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia? Il dubbio sorge se si osserva cosa sta accadendo a Bergamo. I medici parlano, infatti, di «un numero crescente anche di morti “improvvise”». Ci sono «sempre più pazienti in arrivo esausti da 15-20 giorni di malattia grave domiciliare e con decorso poi intraospedaliero catastrofico» nel nosocomio. Queste sono le parole di Matteo Ciuffreda, medico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ha descritto la situazione vissuta nella struttura dove lavora in una lettera rivolta ai colleghi e pubblicata sul sito dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Bergamo (clicca qui per leggerla). Il sistema sanitario lombardo sta reggendo davvero? La domanda vien da sé leggendo queste parole. Ci si è preoccupati, a ragione sia chiaro, di incrementare posti nelle terapie intensive per migliorare la risposta sanitaria all’emergenza coronavirus, ma è stato sottovalutato qualcosa per quanto riguarda l’isolamento domiciliare, in particolare a Bergamo? Peraltro, dovrebbe essere previsto solo per le persone asintomatiche o con lievi sintomi, mentre il dottor Ciuffreda parla di gravi malattie domiciliari.



CORONAVIRUS BERGAMO, FALLA NEL SISTEMA LOMBARDO?

Restano a casa anche persone positive al coronavirus con sintomi gravi? E perché non vengono ricoverate in ospedale se c’è disponibilità di letti? Domande ormai retoriche per i bergamaschi, considerando le testimonianze che vengono raccolte e poi trasmesse in tv. Eppure quella dell’isolamento domiciliare è una fase chiave: trattare tempestivamente i sintomi è uno degli strumenti non solo per evitare il peggioramento delle condizioni del paziente, ma anche per “alleggerire” la pressione sugli ospedali. A tal proposito, il dottor Matteo Ciuffreda, dell’ospedale Giovanni Paolo XXIII di Bergamo, dopo aver esposto la sua proposta terapeutica nella lettera ai colleghi ha evidenziato: «Penso che molto di quanto esposto sia potenzialmente fruibile nel paziente domiciliare, con pochi strumenti e soprattutto con l’affinamento dell’interrogazione clinica». Ritiene che ciò «potrebbe consentire di ridurre drasticamente l’arrivo di pazienti in ospedale e soprattutto l’arrivo alla fine di una malattia decorsa sostanzialmente a domicilio e ormai spesso priva di chance reali di guarigione». Sarà fondamentale dunque fare chiarezza anche su questo.

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