Il cambiamento climatico non sta mietendo vittime, anzi i morti per il clima sono diminuiti del 97%: a fornire il dato è Bjorn Lomborg, un ricercatore danese che si oppone al catastrofismo, infatti si definisce un ambientalista scettico, perché non ritiene che non vi sia un problema, ma che vada affrontato nel limite del possibile. Intervenuto a Tv Verità, fresco di uscita del suo ultimo libro “Falso allarme“, Lomborg è partito da un dato: nell’ultimo secolo si è passati da 500mila persone morte da eventi legati al clima a 15mila. Dunque, il cambiamento climatico «non è la fine del mondo», come afferma la stessa Onu secondo il ricercatore, il quale contesta la narrazione «estremamente apocalittica» che si sta portando avanti per far credere che l’umanità possa estinguersi a breve.
In questo modo si spaventano le persone, anziché basarsi su un approccio che deve basarsi sull’evidenza, quindi sulla scienza, anche «per evitare di spendere un’enorme quantità di soldi in soluzioni decisamente poco efficaci». Bjorn Lomborg suggerisce un approccio realistico al problema per affrontarlo davvero in maniera efficace. Nel corso dell’intervista, l’esperto ha ricordato tutti gli allarmi che non si sono verificati: dall’aumento di 20 metri del mare all’estinzione degli orsi polari, senza dimenticare le piogge acide. Narrazioni che, secondo il ricercatore danese «avevano dei granelli di verità» sfociate erroneamente nell’allarmismo.
“L’AMBIENTALISTA SCETTICO” CONTRO IL CATASTROFISMO CLIMATICO
Se il panico è ingiustificato si compiono scelte sbagliate, come avvenuto negli ultimi anni secondo Bjorn Lomborg. Ad esempio, non è vero che i morti a causa degli eventi meteorologici avversi stiano aumentando costantemente, infatti nel suo libro ha pubblicato un grafico che smentisce questa narrazione con il dato che abbiamo citato inizialmente. «Questa è una storia che parla di progresso, è una storia molto diversa da quella apocalittica che ci viene raccontata invece costantemente sui media». Peraltro, nel dibattito c’è una data che torna e che viene indicata come una sorta di scadenza per l’umanità, il 2030: come spiegato da Lomborg a Tv Verità ciò è dovuto a uno studio dell’Onu in base al quale è emerso che per evitare l’aumento delle temperature di 1,5 gradi da qui a un secolo bisogna rivoluzionare l’economia e la società entro tale anno.
Un risultato possibile secondo il ricercatore danese, che però avverte: «Un cambiamento così estremo e così rapido avrebbe ovviamente delle conseguenze sociali devastanti che sarebbero molto peggiori di quelle del cambiamento climatico». Bisogna tener presente, dunque, i consigli degli scienziati, ma non devono essere prescrizioni, perché è la politica a dover trovare la sintesi tenendo conto anche dei costi economici e sociali. «Dobbiamo tornare a una visione razionale, pragmatica, che parta dal presupposto che il cambiamento climatico è uno dei tanti problemi che ci troviamo ad affrontare come società. Dobbiamo cercare di affrontarlo nei limiti del possibile. Ma senza che i costi dei tentativi di risoluzione superino i costi del problema stesso, che è esattamente quello che avviene con l’approccio attuale», conclude Bjorn Lomborg.