Il problema è spesso la “partigianeria politica”, anche se non soprattutto in un momento di crisi nazionale totale per il coronavirus: la polemica sulla Lombardia e la richiesta di commissariarla per la gestione dell’emergenza e per le troppe morti nelle Rsa prosegue sul filo diretto Governo-Fontana. Ora, il problema è verificare laddove vi siano state delle eventuali negligenze-responsabilità: ma secondo Renato Farina, editorialista anche del Sussidiario, escludere a priori altri casi italiani – su tutti l’Emilia Romagna – perché meno “utili” per lo scontro politico da intentare a livello mediatico, è vergognoso e non rende giustizia al ruolo di ricerca della verità.
Il 14 aprile scorso l’Istituto superiore di sanità ha diffuso i dati sul contagio da Covid-19 all’interno delle Rsa, le ormai “famose” case di riposo riconosciute dalle Regioni: «Da quel report risultava che il dato peggiore sui morti da Corona negli ospizi apparteneva all’Emilia-Romagna, una sorpresa che pochi hanno sperimentato, perché l’informazione corrente lo ha taciuto o nascosto», scrive sull’articolo-inchiesta di Libero Quotidiano lo stesso Renato Farina. Oggi su Repubblica invece si scrive l’esatto opposto, ovvero che il “modello Emilia Romagna” è quello che invece ha retto bene l’ondata di contagi e decessi nelle Rsa del territorio: «Dimensioni ridotte e chiusura ai parenti già a febbraio. Ecco perché ha funzionato il modello Emilia Romagna, dove in alcuni casi il personale si è blindato nelle strutture insieme agli ospiti». Dunque, ancora una volta, a chi credere?
I DATI SULLE CASE DI CURA IN EMILIA ROMAGNA
Si riportano diversi dati e tesi a riguardo, anche se il punto di partenza di Farina ha forse un dato che fa compiere un “passo” in più all’intera contrapposizione: il punto non è «non indagate la Lombardia perché ha fatto sicuramente bene», ma è piuttosto il controllare a partire dai dati laddove vi siano dei conti che non tornano e solo alla fine trarre conclusioni semmai anche politiche. Invece qui il processo alle intenzioni diventa l’esatta riproposizione di quanto già visto migliaia di volte in questo Paese: «Le cifre parlavano e parlano, ma essendo disdicevoli per la linea politica dei quotidiani tesi all’unisono nella criminalizzazione della Lombardia, tanto vale seppellirle, cremarle, inumarle in segreto», scrive ancora Farina.
E allora prendiamo i dati, quelli reali e stilati dall’Iss: i deceduti nei 3 mesi della pandemia in Italia nelle case di riposo, è addebitabile per il 40,2% al Corona; in cima alla lista della classifica è proprio l’Emilia Romagna, con il 57,7% di decessi dovuti al Covid. La Lombardia è al secondo posto, con 53,4% dei decessi per coronavirus tra i pazienti delle case di cura. In testa alla classifica delle provincie più colpite troviamo Bergamo, mentre al secondo posto davanti a Lodi, Milano, Brescia troviamo prima di tutti Reggio Emilia.
IL PROBLEMA IDEOLOGICO
«Una notizia occultata e per giustizia. Non si tratta di essere campanilisti in una gara assurda. Ma di chiedersi perché – e lasciare ai lettori la risposta – sul perché i riflettori si siano concentrati sulla Lombardia con la pretesa di illuminare un lager, dove gli anziani sono stati identificati e rastrellati come ebrei un premeditato sterminio nelle Rsa lombarde e anzitutto nel simbolicissimo “Pio Albergo Trivulzio”», spiega Farina che riunisce tutti gli attacchi di questi ultimi giorni da Repubblica, Report e quant’altro contro il “modello diabolico” prima di Formigoni e ora della Lega.
«La comunicazione dei dati era già avvenuta, e i numeri della strage dovrebbero spingere a inchieste magari dalle parti di Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna. Ma no, prevale il pregiudizio ideologico, una specie di odio razziale verso ciò che non è meridionale e di sinistra. La Lombardia è perciò fatalmente raccontata e condannata come il male personificato, la corruzione mafiosa irredimibile», conclude con sdegno il giornalista di Libero, citando anche il caso Saviano-Comunione e Liberazione per far capire quale potenziale “schema ideologico” vi sia dietro agli attacchi sulla Lombardia. Per finire, l’attacco durissimo: «Un’infermiera ciellina di 24 anni che sta dando la vita assistendo i malati in terapia intensiva gli chiede di rettificare. Niente da fare. Conferma tutto. Il titolo del suo articolone di due pagine, è «La verità», ullallà, è risorto lui a Pasqua, non Gesù Cristo. Che vergogna. A quando un editoriale di Repubblica sui forni crematori di Bonaccini, così, tanto per par condicio?».