Voci non confermate ufficialmente, ma riprese da fonti dell’intelligence nigeriana, parlano della morte del leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, che si sarebbe ucciso per non cadere nelle mani dello Stato islamico della provincia dell’Africa occidentale (Iswap), gruppo jihadista rivale legato all’Isis.
Le due organizzazioni islamistiche infatti si combattono da anni per ottenere il controllo della Nigeria nord-orientale. “La morte di Shekau” ci ha detto Marco Di Liddo, responsabile dell’Area Geopolitica e analista responsabile del Desk Africa e del Desk Russia e Balcani del Cesi – Centro Studi Internazionali, “è stata annunciata diverse volte già in passato, a partire dal 2009, ma purtroppo è sempre risultato vivo e vegeto. Se fosse confermata, sarebbe certamente un grande colpo propagandistico per le milizie dello Stato islamico, che indurrebbe anche molti combattenti di Boko Haram a passare dalla loro parte”. Qualunque sia la sorte di Shekau, ci ha detto ancora Di Liddo, “vista la totale incapacità dello stato nigeriano di combattere queste milizie, questa guerra potrà durare ancora per molti decenni”.
Che sia morto o no il leader di Boko Haram, sembra che l’Isis stia prendendo il controllo di buona parte della foresta di Sambisa, stato nord-orientale del Borno, storica roccaforte dei miliziani di Shekau. Boko Haram è in difficoltà?
Sostanzialmente c’è una situazione di equilibrio. I due gruppi combattono per la supremazia nell’aria Nord-Est della Nigeria e la zona del lago Ciad. Nel caso in cui fossero riusciti a ucciderlo davvero, allora sarebbe un grande colpo per lo Stato islamico, perché quando si uccide un leader è un colpo dal punto di vista propagandistico molto forte e può portare un aumento del bacino di reclutamento per l’altro gruppo e anche spingere i miliziani ad andare dall’altra parte. Quando gruppi jihadisti si combattono la motivazione è quella di un aumento e non una diminuzione delle risorse a disposizione nel territorio e quindi per monopolizzare queste risorse.
Tutto questo mentre lo stato e l’esercito nigeriano non riescono a combinare nulla, a sconfiggere queste milizie che devastano il paese ormai da decenni. Perché?
Ne abbiamo parlato altre volte, la strategia di anti-terrorismo dello Stato nigeriano è tra le più sbagliate che si possano attuare. Si basa solo su un approccio militare. L’approccio militare contro il terrorismo non serve a niente, lo abbiamo capito in decenni di lotta contro al Qaeda e poi contro l’Isis. Solo con le bombe e i carri armati il problema non si risolve.
Questa guerra tra gruppi terroristici dove può portare?
La situazione resterà la stessa, se non si interviene sulle cause all’origine dei confitti queste guerre possono durare anche per decenni, 30 o 40 anni. La situazione sarà sempre peggiore per la popolazione civile schiacciata fra questi due gruppi che si combattono. La gente non ha nello stato un rifugio, un interlocutore rassicurante.
Questa situazione può portare a un aumento della migrazione verso l’Europa?
Potenzialmente sì, però non sui numeri che possiamo immaginare.
Perché?
L’immigrazione nigeriana verso l’Europa ha altri punti di origine, che si trovano soprattutto nel centro e nel sud, e quindi nelle aree urbane delle grandi città. È una migrazione non tanto politica ma economica, sono migranti economici. Quello che può causare questa guerra è un aumento degli sfollati, una migrazione interna alla Nigeria e verso altri paesi africani. La maggior parte delle persone che fuggono da Boko Haram in maggioranza vanno nei campi profughi del Niger, non vengono in Europa.
La Nigeria è una ex colonia inglese. Mentre la Francia è sempre stata, e lo è ancora, presente nelle sue ex colonie, La Gran Bretagna è presente in Nigeria?
Assolutamente no. Il modello coloniale e di gestione post colonie tra ex madrepatria è diverso fra Regno Unito e Francia.
In che senso?
La Francia ha sempre voluto mantenere una forma di tutela, di patronato, di influenza sulle sue ex colonie, mentre il Regno Unito, che è stato uno dei più grandi imperi della storia, ha cambiato in modo radicale il proprio modello di sviluppo, orientandosi verso la finanza, attività che non ha bisogno di una presenza sul territorio. La finanza muove i fili anche stando comodamente seduti in un ufficio nella City. Per i francesi invece le ex colonie sono fondamentali per alcune industrie strategiche, dal punto di vista industriale la Francia è una potenza superiore rispetto al Regno Unito, per cui queste industrie hanno bisogno delle materie prime come l’uranio.
A differenza di molti paesi africani in Nigeria non sono presenti né l’Onu né l’Unione africana, come mai?
No, non ci sono. C’è una organizzazione regionale, la Multilateral Joint Force Task, una struttura militare composta da Camerun, Nigeria, Ciad e Niger, che si coordinano a livello di operazioni sul terreno.
Come mai l’Onu non interviene?
Perché un intervento delle Nazioni Unite presuppone una crisi politica in uno Stato. È sempre intervenuta in contesti dove c’era una forte crisi istituzionale, come la Somalia. In Nigeria il governo è tecnicamente solido, è un governo, sempre teoricamente, in grado di gestire la crisi. La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa, ha la seconda economia più dinamica, ha un certo peso nelle Nazioni Unite, per cui non è facile imporre un intervento del genere.
(Paolo Vites)
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