Quattro alti ufficiali della Marina militare sono stati condannati per la morte del marinaio Alessandro Nasta, avvenuta il 24 maggio 2012 a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci. Lo stabilisce la sentenza del tribunale di Civitavecchia. Come riportato dal Fatto Quotidiano, è stata riconosciuta la colpevolezza di Domenico La Faia, all’epoca dei fatti comandante della Vespucci, a cui è stata inflitta una pena di un anno e due mesi. Stessa pena per l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, all’epoca capo della squadra navale, poi diventato capo di stato maggiore della Marina. Un anno e 10 mesi all’ex capo di stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Bruno Branciforte, e all’ex capo di stato maggiore Luigi Binelli Mantelli.
Tutti e quattro gli imputati dovevano rispondere dell’accusa di concorso in omicidio colposo. Stando alla ricostruzione processuale, Alessandro Nasta cadde da 15 metri di altezza, mentre il veliero si trovava al largo di Civitavecchia, in navigazione, dopo la partenza dalla base navale di La Spezia. Dal 1930, sulla nave Amerigo Vespucci non si era mai verificato un incidente così grave né che un nocchiere precipitasse dall’albero di maestra. Secondo l’accusa, non furono adottati i sistemi di ritenuta degli acrobati in mare, premure che dovevano entrare in funzione prima, alla luce dell’obbligo di applicazione della legge sulla sicurezza dei lavori in quota, del 2008.
MORTO SU NAVE VESPUCCI: CONDANNA DOPO 11 ANNI
I familiari del marinaio Alessandro Nasta dopo la sentenza hanno espresso la loro soddisfazione al termine di un processo di primo grado durato 11 anni anche per molti cambi di giudice. «Finalmente è stata fatta giustizia per la morte del figlio, precipitato dopo un volo di 54 metri, per svolgere le operazioni di apertura e chiusura delle vele senza dispositivi di protezione individuale a norma, in aperta e consapevole violazione di qualsiasi legge sulla sicurezza, in nome del rispetto della tradizione marinaresca», il commento degli avvocati Massimiliano Gabrielli e Alessandra Guarini, che assistono la famiglia Nasta, come riportato dal Fatto Quotidiano. Per i legali si tratta di una sentenza «coraggiosa» che «afferma definitivamente il principio che il risparmio sulla sicurezza sul lavoro non conviene, mai e a nessuno. Anche per un ammiraglio di Stato Maggiore o il comandante della nave più bella del mondo». Sulla vicenda è intervenuto anche Luca Marco Comellini, segretario del Partito diritti dei militari, che si è costituito parte civile nel processo in cui è stato rappresentato dall’avvocato Giulio Murano: «Finalmente la verità sul caso di Alessandro Nasta. Finalmente un tribunale ha riconosciuto che quando manca la sicurezza del lavoro, anche se in ambiente militare, la responsabilità è dei vertici. Insomma chi ha sbagliato paga. L’intera catena di comando è stata ritenuta responsabile delle omissioni che hanno causato la morte del giovane allievo di Marina».