Nella moschea-capannone di Cantù non si può pregare: netta la sentenza del Consiglio di Stato che ieri 20 luglio 2021 ha dato ragione al ricorso presentato dal Comune di Cantù e dalla Lega: nella moschea cittadina di Via Milano 127, in quel capannone “trasformato” in luogo di culto, d’ora in poi non sarà possibile pregare e radunare fedeli per le attività religiose islamiche. Bocciato il ricorso presentato dall’associazione culturale Assalam che chiedeva invece di concedere quel luogo “abusivo” come ritrovo per la preghiera del venerdì: la vicenda va avanti dal 2014 in un continuo braccio di ferro tra Comune e associazione, ora però il Consiglio di Stato con l’ultima sentenza sembra aver fissato un punto finale alla complessa situazione.
«La destinazione d’uso dell’immobile per finalità di culto risulta non compatibile con la destinazione legale dell’area, che rientra in ambiti industriali, artigianali, commerciali e direzionali», sancisce il Consiglio di Stato, il quale stabilisce però che l’amministrazione comunale non può comunque acquisire l’immobile. Vincenzo Latorraca, legale dell’Associazione Assalam, annuncia la possibilità di un’azione da portare davanti alla Corte Europea CEDU: «Il Consiglio di Stato ha fissato un presupposto importante chiarendo che non è oggi possibile acquisire la proprietà del capannone al patrimonio comunale. Inoltre vengono negati diritti costituzionalmente garantiti, su tutti il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione».
NO MOSCHEA NEL CAPANNONE, ESULTA CDX
Contattato dal Corriere di Como, la sindaca di Cantù Alice Galbiati si dice soddisfatta della sentenza, «La vicenda della moschea fino ad ora è costata ai cittadini di Cantù 61 mila euro – racconta – Questo per sentir confermare ciò che abbiamo sempre saputo: l’utilizzo di un capannone industriale quale luogo di culto è illegittimo. Soldi che avremmo potuto utilizzare in modo più proficuo per la città». Esulta anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, comasco di origine: «È una sentenza storica che dà ragione al Comune di Cantù e alla Lega. Pregare e svolgere il culto in un luogo destinato a capannone industriale e commerciale è contro la legge. I giudici amministrativi confermano che in via Milano si pregava nonostante le norme lo impedissero». Per l’assessore alla Sicurezza di Regione Lombardia, Riccardo De Corato, la sentenza sulla moschea abusiva di Cantù con il capannone usato impropriamente «è importante. Altri Comuni si trovano nella stessa situazione. E questa sentenza potrà dare forza ai sindaci per continuare nella loro battaglia. Ovvero quella per la chiusura dei luoghi di culto abusivi. Daremo all’Avvocatura regionale l’incarico di valutare se questa sentenza sia applicabile anche ad altre simili situazioni in Lombardia». La assessore alla Famiglia Locatelli ricorda infine come la sentenza del Consiglio di Stato conferma nei fatti quanto emesso dal Tar Lombardia nel 2018, «aveva stabilito che la comunità islamica aveva violato le leggi urbanistiche e quelle regionali».