Ci sono clamorose novità sul caso del mostro di Firenze. I segni sul proiettile trovato nell’orto di Pietro Pacciani, durante la maxi perquisizione dell’aprile del 1992, non sono impronte frutto dell’inserimento del bossolo nella pistola, mai ritrovata. Sono segni artefatti, quindi costruiti e artefatti. Lo rivela La Nazione, spiegando che forse qualcuno potrebbe aver voluto forzare la mano e dare consistenza ai sospetti sul contadino che era stato indagato per i duplici omicidi che insanguinarono Firenze. Quella prova in effetti non convinse mai periti e giudici dei due processi, ora si scopre che non sarebbe genuina. Emerge dalle conclusioni della perizia firmata da Paride Minervini, consulente balistico della Procura di Firenze. Una “bomba” che innesca una nuova inchiesta: di chi è la “mano” che ha voluto condizionare gli inquirenti? L’ipotesi è di depistaggio. Si potrebbe arrivare ad un nulla di fatto o a verità sorprendenti. Anche se quel proiettile è spezzato (era stato tagliato a metà dai periti anche per datare l’interramento), si è arrivati a escludere che sia stato incamerato in un’arma. Inoltre, i segni sarebbero stati creati a mano, forse con un piccolo arnese. Su quella cartuccia Pacciani aveva sempre urlato al complotto. (agg. di Silvana Palazzo)



MOSTRO DI FIRENZE, CHIESTA ARCHIVIAZIONE PER ULTIMI DUE INDAGATI

La Procura di Firenze ha chiesto l’archiviazione per gli ultimi due indagati in relazione al caso del Mostro di Firenze, di cui l’anno scorso è stato il cinquantesimo anniversario del primo delitto: secondo quanto riportato in anteprima da La Nazione, pare che gli inquirenti abbiamo rilevato un “quadro indiziario molto fragile e incerto” nei confronti dell’89enne ex legionario Giampiero Vigilanti e dell’88enne medico Francesco Caccamo, non riuscendo a corroborare il suddetto quadro da qualsiasi elemento che assurgesse a “dignità di prova” anche a causa del fatto del notevole lasso di tempo trascorso dalle vicende in esame. In attesa di capire se la richiesta verrà accolta, potrebbe restare dunque un mistero uno dei casi di cronaca nera più importanti del secolo scorso e potrebbe concludersi con un nulla di fatto l’ultima indagine sui delitti del Mostro di Firenze, iniziata dopo un esposto presentato dai parenti di alcune vittime, con la conseguenza che per quella serie di crimini i condannati restano soltanto due e nessuno di loro è lo scomparso Pietro Pacciani.



I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE

Resta dunque al momento un mistero irrisolto quella catena di omicidi avvenuti tra le colline toscane in provincia di Firenze fra il 1968 e il 1985: come si ricorda, l’inchiesta aveva portato inizialmente alla condanna in via definitiva delle due persone ribattezzate dalla stampa “i compagni di merende” di Pietro Pacciani, vale a dire il reo confesso Giancarlo Lotti e Mario Vanni. Per quanto riguarda lo stesso Pacciani, morto prima del processo di Appello, che si sarebbe dovuto tenere dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione del 1996 in Cassazione, resta il dubbio se davvero lui sia il serial killer di cui per anni ha parlato la stampa italiana e quali siano state eventuali connivenze, e mandanti, per i delitti che hanno insanguinato la provincia toscana. Con l’eventuale chiusura dell’ultima inchiesta, alcuni di questi interrogativi potrebbero restare senza risposta: secondo alcuni, nonostante non siano emersi indizi di colpevolezza nei confronti di Vigilanti e Caccamo, la suddetta inchiesta poteva essere utile a chiarire alcuni punti oscuri e a capire meglio quali siano le responsabilità di coloro che sono stati condannati per gli ultimi quattro duplici omicidi, ovvero Mario Vanni e Giancarlo Lotti.



MOSTRO DI FIRENZE: I MISTERI IRRISOLTI

Ad esempio, rimane il mistero dell’arma usata in tutti i crimini, sempre la stessa, vale a dire la famigerata Beretta i cui proiettili, assieme all’ogiva rinvenuta nei pressi della tenda di Jean Michel Kraveitchvili e Nadine Mauriot, uccisi nel settembre del 1985: l’arma, un possibile modello 48, non è mai stata ritrovata. Per quanto riguarda il Dna, va ricordato quel fazzoletto sporco di sangue rinvenuto alcuni giorni dopo quel delitto e che ha fatto domandare a molti come mai il Mostro di Firenze non abbia mai lasciato delle tracce dietro di sé: sono misteriosamente svanite, è colpa di manchevolezze nelle indagini oppure addirittura di connivenze? Per quanto riguarda invece gli ultimi due indagati, il nome di Vigilanti era stato più volte coinvolto nelle indagini per via di un’auto sportiva rossa connessa ai vari omicidi e pure come persona informata sui fatti e spesso le sue versioni dei fatti non hanno convinto gli inquirenti.