Si continua a parlare del cosiddetto Mostro di Firenze – ritenuto uno dei primissimi veri e propri serial killer della moderna storia del nostro bel paese e collegato ad almeno 16 omicidi (otto differenti coppiette che si erano appartate nelle campagne toscane) compiuti tra il 1968 e il 1985 – con la richiesta di riesumazione del cagliaritano Francesco Vinci che nell’ormai lontano 1982 venne accusato di essere – appunto – il mostro fiorentino: un filone di indagini che all’epoca venne chiamato ‘pista sarda‘ e che dopo alcune condanne si concluse con un sonoro nulla di fatto.
Facendo un passetto indietro, per capire cosa c’entra Vinci con il Mostro di Firenze dobbiamo tornare al 1968 quando nelle campagne fiorentine morì la prima coppietta: si trattava di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, inizialmente ascritti ad un reato del tutto passionale che fu attribuito al marito della donna, Stefano Mele, in un atto di gelosia per l’adulterio commesso con l’amante. Per bocca dello stesso Mele uscì – appunto – il nome di Francesco Vinci che (esattamente come Lo Bianco) pareva avesse una relazione con la Locci ed era in libertà negli anni tra il 1974 e il 1982, quando il killer fiorentino tornò a colpire con quattro duplici omicidi.
Cosa c’entra Francesco Vinci con il Mostro di Firenze e perché ne è stata chiesta la riesumazione
Le ipotesi che ricollegavano Vinci al Mostro di Firenze – come Mele che nel frattempo tornò in libertà, dato che le accuse a suo carico furono revocate con la condanna del rivale amoroso – caddero completamente quando il serial killer tornò a colpire l’anno successivo in quel di Giogoli, uccidendo i tedeschi Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch e fu rimesso in libertà; mentre le indagini successive portarono gli inquirenti verso la pista Pacciani e – soprattutto – quella sui cosiddetti ‘compagni di merende‘ (ovvero Vanni, Lotti, Pucci e Faggi).
Così, mentre il Mostro di Firenze tornava e colpire e gli inquirenti ricostruivano le tracce che gli hanno portati al Pacciani, il clamore mediatico attorno a Vinci si è attenuato; almeno fino al 1993 quando fu trovato assassinato con l’amico Angelo Vargiu: entrambi i loro corpi erano legati nel bagagliaio di un’auto che fu data alle fiamme e seppur in un primo momento la morte parve collegata al killer fiorentino, in un secondo momento l’ipotesi venne esclusa.
Fatto sta che seppur Vinci non sarebbe mai stato in alcun modo collegato al Mostro di Firenze, dalle indagini fatte sulla sua singolare esecuzione non si è mai riusciti a ricostruire un’ipotesi concreta e tutto si chiuse con un nulla di fatto: oggi si torna a parlare dell’uomo sardo perché la sua famiglia ha chiesto la riesumazione del corpo al fine di analizzarne il DNA e capire se quello tumulato sia veramente il cadavere del loro compianto parente.