Quello del “Mostro di Firenze” è un mistero che attraversa decenni e in cui non si esauriscono spinosi interrogativi. È giallo su chi agì davvero, con ferocia indicibile tra le campagne toscane in un arco di tempo che va dal 1968 al 1985, massacrando 8 coppie di giovani colte in luoghi appartati durante la loro intimità e operando sconvolgenti mutilazioni. Non sono bastati i processi ai “compagni di merende” Pietro Pacciani, Giancarlo Lotti e Mario Vanni a restituire alle cronache l’esatta identità dell’assassino. Ancora oggi, il caso è immerso in una nebbia densa di suggestioni e punti oscuri in cui confluiscono le più disparate ipotesi, dalla pista esoterica a quella di una “cooperativa” di soggetti (mai del tutto identificati) con il comune interesse per la collezione di “feticci”, le tristemente note parti anatomiche prelevate alle vittime di sesso femminile sulle varie scene dei crimini attribuiti al Mostro.
Proprio su identità del Mostro di Firenze e su quelle atroci pratiche consumate ai danni delle giovani donne uccise, le escissioni del pube e in due casi del seno sinistro attraverso cui il serial killer portava via i suoi “trofei“, si concentra la recente intervista rilasciata dal famoso criminologo e psichiatra forense Francesco Bruno a La Verità. L’esperto, per anni al lavoro sul caso (approdato persino sul tavolo dell’FBI a caccia di un identikit), ha parlato del suo punto di vista sostenendo che il Mostro di Firenze potrebbe essere ancora vivo. Ma non solo: nel corso del suo intervento, ha anche approfondito alcuni tratti salienti della questione che risultano ancora fonte di acceso dibattito tra gli addetti ai lavori e gli appassionati di cronaca nera.
Mostro di Firenze ancora vivo? Il parere di Francesco Bruno e l’ombra di altri delitti dopo la sequenza delle coppiette
Il Mostro di Firenze potrebbe essere ancora vivo. Ne è convinto Francesco Bruno, noto criminologo e psichiatra forense che a La Verità ha parlato del caso e della presunta identità del serial killer. Il nome del vero autore dei delitti che videro vittime 16 giovani, massacrati e mutilati nelle campagne toscane tra il 1968 e il 1985, secondo l’esperto potrebbe essere nelle carte dell’inchiesta che portò i cosiddetti “compagni di merende” a processo. Non c’è inoltre alcuna prova che il serial killer sia morto: “Secondo me è una persona che potrebbe avere la mia età, 75 anni – ha affermato Bruno nel corso dell’intervista –. Credo che non ci siano motivi per essere sicuri che sia morto“. Secondo il parere di Francesco Bruno, il Mostro di Firenze potrebbe aver interrotto la catena di atroci omicidi per darsi a una vita “normale”, ma di basso profilo per evitare che qualcuno potesse ricondurlo a quei crimini.
Nello spettro della questione Mostro di Firenze, finora insoluta, non sarebbe esclusa un’altra ipotesi che Bruno ritiene verosimile: il serial killer potrebbe aver ucciso altre persone dopo l’ultimo massacro del 1985 attribuito alla sequenza delle “coppiette”. Delitti che sarebbero stati compiuti con armi diverse dalla famigerata Beretta calibro 22 – mai ritrovata – indicata come uno dei fil rouge tra gli 8 duplici omicidi del Mostro. Su questi presunti delitti successivi a quelli delle 8 coppie, Bruno ha dichiarato quanto segue: “Erano almeno 4 o 5. In particolare un sardo, probabilmente quello che avrebbe fornito la pistola e conosciuto il mostro, è stato ucciso. Poi fu uccisa una signora, una strana veggente, che aveva un bambino piccolo e l’auto fu gettata da un dirupo. E poi un’altra, amica di una vittima del mostro, in quel caso in cui il mostro, dopo il delitto, per l’unica volta telefonò all’ospedale per informarsi se l’uomo fosse ancora in vita. C’era traccia di questa telefonata, che non è stata minimamente approfondita…“.
Il Mostro di Firenze e i “trofei”: “Ancora conservati…”
Uno degli enigmi centrali nel caso del Mostro di Firenze è relativo ai “feticci” prelevati dalle scene dei crimini commessi fino al 1985. Mutilazioni a carico dei genitali delle vittime di sesso femminile che, tramite escissione, avrebbero consentito al serial killer di asportare (con precisione definita “chirurgica”) e portare via con sé macabri ricordi degli orrori commessi. “Trofei” che, secondo Francesco Bruno, sarebbero “ancora conservati” forse all’interno di una abitazione privata, reperti che, sostiene ancora il criminologo, “prima o poi verranno fuori”.
La genesi della catena di mutilazioni attribuite al Mostro di Firenze, secondo Bruno, sarebbe in qualche modo riconducibile a un presunto trauma infantile nella storia dell’assassino seriale: “Probabile, secondo me, che quando aveva 7-8 anni, la madre fosse stata operata di tumore al seno. Fu privata sia del seno sia dell’utero, pensando, come all’epoca si faceva, che il tumore si sarebbe potuto replicare nell’utero. Lui dev’essere rimasto scosso da questo fatto infantile“. Francesco Bruno parla al singolare riferendosi alla presunta identità del Mostro perché ritiene che agisse da solo, senza complici. Nel corso della stessa intervista rilasciata a La Verità, il criminologo ha inoltre affermato che Pietro Pacciani, di cui è stato consulente di parte, sarebbe stato “incastrato”: “Non c’erano prove su di lui“. Pietro Pacciani, contadino di Mercatale balzato agli onori delle cronache perché indicato come figura centrale nell’inchiesta sui crimini del Mostro, dopo la chiamata in correità dell’amico “compagno di merende” Giancarlo Lotti, fu condannato in primo grado all’ergastolo per i duplici delitti registrati dal 1974 al 1985. Assolto in secondo grado, morì nel 1998 prima di essere sottoposto al processo di appello bis disposto dalla Cassazione con l’annullamento della sentenza di assoluzione ordinato nel 1996.