La possibile svolta sul caso del Mostro di Firenze, con la richiesta di riesumazione del cadavere di Stefania Pettini dopo il ritrovamento di un Dna ignoto sulla pistola che uccise i due turisti francesi non stupisce lo psichiatra e criminologo Paolo De Pasquali, che fu allievo di colui che pubblicò un parere per il Sisde e fu consulente di parte di Pietro Pacciani, Francesco Bruno.
Ne parla al Secolo d’Italia, spiegando che lo stesso accadde per il delitto dell’Olgiata e quello di Simonetta Cesaroni, col primo che fu poi risolto, mentre il secondo resta un mistero ancora oggi. Pur precisando di non essere un genetista, ritiene «improbabile trovare del Dna su un proiettile sparato, che sviluppa una quantità di calore tale da distruggere il Dna».
Ma c’è un altro motivo per il quale definisce «non peregrina» la richiesta di riesumazione delle salma di Stefania Pettini, cioè che forse è possibile reperire il materiale genetico sotto le unghie, «ma dipende dallo stato di conservazione della salma, dopo cinquanta anni…». De Pasquali non esclude poi che il Mostro di Firenze sia ancora vivo e abbia smesso di uccidere per non essere arrestato, come potrebbe aver dichiarato lo stesso Bruno.
DE PASQUALI, L’IDENTIKIT DEL MOSTRO DI FIRENZE
Il criminologo Francesco Bruno riteneva che il Mostro di Firenze non fosse Pacciani, infatti Paolo De Pasquali cita anche tutte le analisi effettuate da cui emerse che il serial killer era solo uno e non era membro di un gruppo, quindi non c’erano “compagni di merende”. Inoltre, aveva turbe sessuali a causa di una impotenza, mentre Pacciani era «dotato di una sessualità esplosiva», senza dimenticare che dalle varie tracce individuate sulla scena del crimine, l’altezza dell’assassino doveva essere superiore al metro e 80, invece «Pacciani era molto più basso».
Secondo De Pasquali il serial killer cominciò a uccidere all’età di 25 anni, era membro di un buon rango sociale, pur vivendo in famiglia era isolato e bigotto, «sessualmente inibito, con un sentimento religioso distorto che si concretizzava in un delirio mistico, unito ad un desiderio di punizione nei confronti di quelli che lui riteneva peccatori». Lui e Bruno coniarono un termine per questo genere di assassino, «necromania», per indicare la voglia irrefrenabile di avere un contatto con la morte sia uccidendo sia manipolando il cadavere.
Per il criminologo ora il serial killer è inattivo o perché è deceduto per cause naturali o perché i familiari lo hanno posto nella condizione di non far del male, ad esempio ricoverandolo in una struttura. Per quanto riguarda il possibile mandante, alcune ipotesi convergono sul medico Francesco Narducci, morto in circostanze misteriose, ma De Pasquali lo esclude.