Si chiama “L’enigma del Mostro di Firenze” la nuova inchiesta sulla scia di sangue che ha attraversato Firenze per due decenni. Il documentario si inserisce nella stagione del programma “Tutta la verità”, format di True Crime, e andrà in onda oggi, martedì 7 maggio, e con una seconda puntata giovedì 10, per ripercorrere l’intera vicenda, sin dal duplice omicidio del 1968. Oltre ad essere coinvolti esperti, ci saranno testimonianze inedite da parte di chi ha seguito il caso da molto vicino. Ci sono stati otto duplici delitti, ma nessun colpevole è stato trovato per l’assassinio delle doppiette a parte di colui che è passato alla storia come il Mostro di Firenze. Una sola persona gli è stata associata: si tratta di Pietro Pacciani, contadino di Mercatale Val di Pesa processo con i cosiddetti “compagni” di merende morto però da innocente. Sono state molte le inchieste su questo cold case, mai ufficialmente chiuso. Anzi alcuni mesi fa è stato riaperto a sorpresa con l’iscrizione nel registro degli indagati di nuovi nomi su cui sarebbero stati effettuati degli approfondimenti. Il documentario solleverà nuove discussioni sul Mostro di Firenze.
MOSTRO DI FIRENZE, MUGELLO E LA PISTA DIMENTICATA
La storia del Mostro di Firenze è stata raccontata anche attraverso verbali, rapporti giudiziari e atti ufficiali. Lo ha fatto Paolo Cochi, il quale ha scritto un libro che potrebbe riaprire il caso. Per la criminologa Roberta Bruzzone l’inchiesta incrina le uniche certezze giudiziarie. In particolare, c’è una pista dimenticata per molti anni, l’ipotesi del Mugello. È un territorio nel quale sono avvenuti due degli otto duplici omicidi. E c’è la località in cui il Mostro di Firenze mandò la famigerata lettera con il feticcio, destinata al magistrato Silvia Della Monica. In questa zona fu ascoltato un nutrito numero di testimoni che videro l’uomo seguire la coppia di ragazzi uccisi nel 1984. Per Cochi, che ha letto i documenti di indagine e gli atti processuali, non si può non pensare che il Mostro di Firenze abbia avuto un legame diretto con questo territorio, forse come frequentatore abituale o pure occasionale. L’autore di quei delitti poteva avere una “base di appoggio” proprio nelle zone mugellane. Anche l’FBI indicò questa zona come luogo giusto dove cercarlo.