Il Mostro di Firenze potrebbe non essere Pietro Pacciani, ma una persona che non è stata neppure sfiorata dalle indagini. L’ipotesi sta prendendo quota con le ultime inchieste alla ricerca di una risposta a quasi quattro decenni dall’ultimo degli otto duplici delitti compiuti dal serial killer. La nuova pista è stata presa in esame nel corso dell’ultima puntata di Far West: nel mirino è finito un sospettato che aveva attirato poca attenzione all’epoca. Il ricercatore Paolo Cochi, che è stato consulente di parte, avrebbe individuato nuovi elementi da un vecchio report del 1984 in merito a un sospettato di Borgo San Lorenzo, di cui avrebbe parlato con la magistrato che si sta occupando del cold case.



Tra i nuovi elementi ci sarebbe poi una macchina da scrivere trovata in una soffitta e che Cochi ha comprato dal figlio del sospettato dopo aver visto l’annuncio su Internet. Per la grafologa forense Clarissa Metrella, sarebbe compatibile con la lettere minatorie arrivate nel 1985 a tre magistrati e che si ipotizzò fossero state redatte dal Mostro di Firenze.



La macchina da scrivere presenterebbe dei segni di usura che sarebbero coerenti con le anomalie grafiche individuate sulle lettere. Servirebbe accedere ai documenti originali ed effettuare un test del Dna per scoprire se ci sono tracce sul retro delle buste. Comunque, la relazione del ricercatore è stata depositata in procura, dunque si attende la comparazione ufficiale del Dna con quello delle vittime, visto che c’è sulle lettere mandate ai magistrati. Finora non era emersa alcuna corrispondenza con i vecchi sospettati.

MOSTRO DI FIRENZE, I NUOVI ELEMENTI EMERSI

La nuova puntata di Far West ha offerto un quadro inedito sul caso del Mostro di Firenze, da cui emerge la pista di un cacciatore con precedenti penali, il cosiddetto “rosso del Mugello“, che non era stato mai indagato. Viveva a Borgo San Lorenzo, nella frazione dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, la seconda coppia vittima del Mostro di Firenze. Visto che la donna è stata l’unica vittima ad aver lottato con il serial killer, potrebbe conservare tracce importanti di Dna, infatti la famiglia sta combattendo per ottenere la riesumazione della salma.



C’è poi il Dna di un soggetto ignoto trovati sui pantaloni dell’ultima vittima e che non è mai stato confrontato con quello del “rosso del Mugello”, comunque indicata da un report dei carabinieri: questo sospettato fu accusato del furto di quattro pistole, di cui una mai trovata, la stessa usata dal serial killer. Inoltre, il furto si verificò in un’armeria di Borgo San Lorenzo.

MOSTRO DI FIRENZE, LA TESTIMONIANZA ESCLUSIVA

Ora poi c’è una testimonianza esclusiva, quella di una donna che si chiama Beatrice Niccolai, che rompe il silenzio dopo quarant’anni. In occasione di un’autostop, che fece perché c’era sciopero dei mezzi, quest’uomo le fece diverse domande imbarazzanti, tra cui alcune su delle coppette, ma anche sulle indagini sul Mostro di Firenze. Ma soprattutto le chiese se fosse a conoscenza di un feticcio mandato a un magistrato, un pezzo di pelle dal seno dell’ultima vittima, di cui i giornali parlarono dopo quell’incontro. “Denunciai tutto ma iniziarono ad arrivavano telefonate inquietanti di notte, non era mai successo prima“.

Ci sono altre due testimonianze che convergono. L’ipotesi riguardo il fatto che non sia mai finito nelle indagini è che avesse conoscenze in polizia o fosse amico di un magistrato. Peraltro, da ragazzo era stato denunciato per violenza sessuale da una ragazza di 17 anni che avrebbe dovuto sposare. In quella denuncia la ragazza riferì che lui non era preoccupato perché aveva conoscenze in procura.

Il programma è riuscito a risalire all’ex compagna del rosso del Mugello, la quale ha rivelato che lavorava in tribunale negli anni ’80. Invece, il fratello ha spiegato che cacciava senza avere il porto d’armi, una circostanza per la quale fu condannato. Ma ha anche precisato che sarebbe stato di più in galera se non fosse stato per Pierluigi Vigna, che era a capo della procura di Firenze prima di diventare procuratore nazionale antimafia. Tra i familiari del rosso del Mugello l’unico a reagire male di fronte all’inviato di Far West è stato il figlio, che si è rifiutato di rispondere alle domande del giornalista e ha anzi chiamato i carabinieri.