Il mondiale di F1, combattuto e incerto nell’esito, arriva in Cina dove si disputerà il penultimo atto del duello tra Hamilton e Massa per la conquista del titolo. In lizza ci sarebbe anche Kubica, il talentuoso pilota polacco della BMW, ma vederlo cucirsi addosso il numero 1 vorrebbe dire che i due la davanti ne hanno combinate una più di Bertoldo e, francamente, ciò appare abbastanza inverosimile. Un mondiale caratterizzato, comunque, da molti errori, sia dei piloti che delle squadre, quasi una fotocopia di quello dello scorso anno, solo che allora, dalla parte della rossa, in veste di protagonista, invece di Massa c’era il finlandese Raikkonen. Tutti sappiamo come cominciò e come andò a finire.



Lewis Hamilton

Il giovane e promettente Lewis Hamilton, britannico di colore al suo debutto in F1, fortemente voluto dal patron della McLaren Ron Dennis che lo pose sotto contratto con la scuderia già all’età di 12 anni, avrebbe dovuto fare da spalla al campione del mondo Fernando Alonso, strappato a sua volta alla Renault a suon di milioni e ritenuto, dalla McLaren, l’uomo giusto per riconquistare l’alloro mondiale che le mancava dal lontano 1999 (Hakkinen). Ma Hamilton non si limitò a quel ruolo: gli andava già stretto prima ancora di cominciare. Partì a razzo, spiazzando tutti gli addetti ai lavori, conquistando ben nove podi consecutivi, 4 vittorie e la testa della classifica mondiale a soli 21 anni. Un vero talento. I suoi guai cominciarono allora: Alonso si sentì prima bastonato dal pivello, poi tradito e bistrattato dalla sua nuova squadra che non nascose le sue preferenze per il Lewis, tanto da venire accusata dallo spagnolo stesso di giocare sporco, rivelando al giovane debuttante i dati della telemetria della sua vettura. Se poi ci mettiamo la storia dello spionaggio e i continui dissapori con il suo compagno di squadra, il quadro è presto fatto. Hamilton, con una squadra nel caos, finì sotto pressione e si vide sfuggire un mondiale già quasi in tasca: a due Granpremi dal termine, con 17 punti di vantaggio, buttò tutto al vento con due gare sciagurate. A soffiargli il titolo furono proprio gli acerrimi rivali della McLaren, quelli della Ferrari. Mondiale, il primo della sua carriera, a Raikkonen; gli elogi e qualche tirata d’orecchi all’inglesino. Ma si trattava pur sempre della prima stagione in F1 e a un debuttante, dal talento puro, alla Senna, tanto per intenderci, certi errori si possono perdonare. Stagione 2008: Hamilton, dopo l’addio turbolento di Alonso tornato in Renault, diventa il primo pilota della McLaren. E uno dei favoriti al titolo. Ma il salto di maturità tarda ad arrivare e in compenso, per lui, arrivano ancora grattacapi: nel circus la sua popolarità e una certa irriverenza dimostrata in pista e fuori, lo rendono inviso a molti colleghi. In pista, poi, a gare memorabili, fatte di sorpassi e rimonte degni di un fuoriclasse, Lewis alterna gare da vero pivello (vedi Giappone la scorsa settimana o il tamponamento a Raikkonen nel GP del Canada). Ora, a due gare dal termine, l’inglese deve amministrare un vantaggio di 5 punti su Felipe Massa. E lo spettro della Cina, dove si corre domenica, e dove proprio lo scorso anno, Hamilton finì la sua gara nella sabbia, aleggiano come fantasmi: “Ogni tanto mi capita di vedere il video su YouTube o di rivedere un’immagine della mia macchina ferma nella ghiaia. Ho pensato: maledizione, non doveva accadere. E’ stato un errore che mi è servito come lezione. Speriamo l’abbia imparata la lezione, magari a memoria.



Felipe Massa

Il brasiliano della Ferrari, come Hamilton, è alla ricerca del suo primo titolo mondiale, ma, a differenza dell’inglese, sulle spalle si porta diverse stagioni al volante delle monoposto di F1. Per lui potrebbe essere una delle ultime occasioni per acciuffarlo. Per anni fedele gregario di quel cannibale delle corse che di nome fa Schumacker, e da molti considerato non proprio all’altezza per aspirare al titolo di primo pilota in una scuderia di rango come la Ferrari, Felipe lo scorso anno ha dovuto inchinarsi di nuovo, stavolta dinnanzi al suo compagno di scuderia Raikkonen che, alla sua prima stagione al volante di una vettura del cavallino, complice anche l’inesperienza del suo antagonista Hamilton, si fregiava del titolo di campione proprio nell’ultima gara. Propositi di rivincita per il buon Felipe per la stagione 2008, ma il suo campionato parte nel peggiore dei modi: due gare costellate da errori e zero punti all’attivo. Quanto basta per scatenare i suoi detrattori, pronti, al minimo errore, a sparare a zero sul pilota considerato soltanto un buon pilota e nulla più. Poi il riscatto e la rimonta con le belle vittorie in Barhain, Turchia, e Valencia e tanta sfortuna, come in Ungheria, dove la sua Ferrari lo tradisce a due giri dal termine o a Singapore, dove un errore del box lo mette fuori gioco. Ma Felipe, bisogna dargliene atto, è tenace e non si da per vinto: con un Raikkonen ormai fuori dai giochi, la Ferrari punta tutto su di lui. Il brasiliano ci crede, è capace di sfruttare nel migliore dei modi gli errori del rivale, tanto da riavvicinarsi ad Hamilton affrontando le ultime due gare con soli 5 punti di svantaggio. E con l’assicurazione che Kimi potrebbe ricambiare il favore ricevuto lo scorso anno. Comunque vada, una certezza ce l’abbiamo di sicuro. Non è stato per nulla un mondiale noioso.