Mancano ormai meno di tre settimane all’inizio del Campionato del Mondo di Formula 1, la massima competizione dell’automobilismo sportivo che festeggia proprio quest’anno il sessantesimo compleanno. Per tanti team quella appena iniziata è una settimana cruciale, quella in cui suona la campana dell’ultimo giro: da giovedì a Barcellona parte l’ultima sessione di test, vale a dire l’ultima opportunità per provare le macchine in pista, per testarne l’affidabilità e per cercare di trovare anche la prestazione. Per tanti ma non per tutti. Già, perché delle tredici squadre che si sono – o sono state indotte – ad iscriversi al Mondiale di quest’anno soltanto undici hanno finora risposto all’appello, presentandosi in pista, chi prima chi dopo, chi facendo poche centinaia di chilometri chi almeno mettendone insieme qualcuno in più anche se a ritmo ridotto. Della dodicesima, la Campos Meta, si sa che ha mutato compagine azionaria e management e che, stando alle voci di corridoio che il Grillo Rampante ha udito e letto in giro, abbia ricevuto un’iniezione di liquidità da un munifico cavaliere bianco uso ad esibirsi in questo tipo di salvataggi in extremis previo impegno ad un fedele vassallaggio. Sia come sia, difficilmente vedremo al Circuit de Catalunya la vettura progettata da Dallara: dovremo più probabilmente aspettare fino a Sakhir per rivedere un Senna guidare in Formula 1. La tredicesima, la USF1, è dispersa a Charlotte (North Carolina), fra lo sbigottimento di chi come l’argentino Lopez sembrava aver trovato il modo per sbarcare in Formula 1 (magari con l’appoggio dei soldi della Presidentessa Kirchner, come si sente dire in giro) e ora deve ricominciare tutto daccapo e la spudoratezza di chi continua a dichiarare a destra e a manca che tutto va bene sotto il cielo a stelle e strisce. Infine ci sono i gufi, che hanno la tana in Serbia. Prima si sono lanciati in una donchisciottesca battaglia legale contro la FIA, poi hanno vampirizzato l’agonizzante Toyota e, dopo aver raccattato qua e là qualche avanzo di scandalo, puntano ad agguantare il primo posto che si libererà, magari contando sull’avallo dello stesso cavaliere bianco di cui sopra. Questa è l’eredità che ha lasciato la guerra santa condotta dall’ex-presidente della FIA. Si volevano abbattere i costi per consentire alle piccole squadre di entrare in Formula 1? Ecco il risultato: due squadre arrivano all’inizio del mondiale zoppicando, una terza ci arriva spinta da una mano invisibile (non quella di Adam Smith, questo è sicuro) e la quarta la stanno cercando tramite “Chi l’ha visto?”. Nel frattempo, ci siamo persi per strada due costruttori come BMW e Toyota e di un terzo, Renault, ci è rimasto poco più che il nome. Ne valeva la pena?



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