Il Consiglio Ue ha dato il via libera all’inizio del negoziato con il Giappone per un trattato di libero scambio. Questo, secondo l’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) che ha lanciato l’allarme, porterà a una vera e propria invasione di vetture giapponesi sul mercato europeo e alla perdita di migliaia di posti di lavoro. Un accordo del genere, quindi, non farebbe altro che danneggiare ancora di più un settore che in Europa ha già subìto un vero e proprio crollo sotto i colpi della crisi.
A scontrarsi sono le diverse stime effettuate dall’Unione europea e dai produttori europei di auto riuniti nell’Acea: secondo l’Ue, infatti, un eventuale accordo di libero scambio col Giappone permetterebbe di incamerare circa 42 miliardi di euro l’anno, facendo guadagnare all’Europa quasi un punto di Pil (0,8%). Aumenterebbe inoltre anche l’ export europeo (del 32,7%), mentre quello giapponese verso l’Ue salirebbe del 23,5%. Di tutt’altro avviso è l’associazione presieduta da Sergio Marchionne, che ha incaricato la società di consulenza Deloitte di effettuare uno studio a riguardo: da questo emerge, infatti, che l’aumento delle importazioni dal Giappone, stimato in 443mila unità entro il 2020, non verrebbe affatto compensato da quello delle esportazioni europee, stimate in solamente 7800 unità in più. La conseguente riduzione della produzione in Europa, quindi, comporterà il rischio di far perdere il posto a un numero di lavoratori compreso tra 35 e 73mila.
Come ha sottolineato in una nota Ivan Hodac, segretario generale dell’Acea, un accordo del genere rappresenterebbe “una strada a senso unico” interamente a favore dell’industria nipponica. “Un’esperienza che abbiamo già fatto con un’analoga intesa con la Corea del Sud entrata in vigore un anno fa. – ha aggiunto Hodac – Non ci sono giustificazioni per esporre l’industria europea, uno dei principali pilastri del’economia Ue, a un nuovo accordo squilibrato con uno dei nostri principali concorrenti. E’ arrivato il momento che l’Unione passi dalle parole ai fatti per difendere maggiormente la sue industrie”.
IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor di Bologna, secondo cui un accordo di libero scambio col Giappone sarebbe per l’Europa «un’operazione assolutamente autolesionistica: da una parte il mercato giapponese è sostanzialmente chiuso all’importazione per tutta una serie di norme che costituiscono dei fortissimi vincoli all’entrata delle auto straniere. L’Ue parla di un futuro incremento, ma non dimentichiamo che l’Europa esporta verso il Giappone pochissime automobili. Dall’altra parte, invece, le case giapponesi in Europa hanno già un’ottima posizione e naturalmente questo accordo aumenterà ulteriormente la loro presenza sul nostro mercato. E’ per questo che il mio giudizio non può che essere negativo».
Un altro aspetto rilevante sottolineato da Quagliano è che questo accordo non è sostenuto dai Paesi europei che presentano un forte mercato auto, ma da quelli che di fatto «non hanno alcuna industria automobilistica sul loro territorio o che comunque rappresentano realtà sotto questo punto di vista assolutamente insignificanti». Proprio per questo motivo, dunque, tali Paesi sono di fatto indifferenti di fronte alla possibilità di dare una opportunità del genere al Giappone e «probabilmente intendono portare avanti questo accordo perché pensano di poter ricavare maggiori opportunità per i propri cittadini, senza però accorgersi di quanto questo andrà a pesare su tutti coloro che in Europa producono automobili».
Quanto vissuto nel 2011 a seguito dell’intesa con la Corea del Sud non sembra aver insegnato molto all’Unione europea. Però, come spiega ancora Quagliano, «c’è una sostanziale differenza: se la Corea è un grande produttore di automobili, il Giappone è un enorme produttore. Per questo motivo, quindi, il peso del Giappone si farà sicuramente sentire molto di più».
(Claudio Perlini)