“Nel giro di tre o quattro anni tutti gli impianti italiani saranno a pieno regime e riassorbiranno tutti i lavoratori”. A dirlo è Sergio Marchionne, sbarcato al Quattroruote Day di Milano, direttamente da Detroit, per replicare alle polemiche di questi giorni (definite “oscene”) riguardo la cassa integrazione straordinaria richiesta per lo stabilimento di Melfi e per illustrare le scelte di Fiat. Il Lingotto, ha detto l’ad del gruppo, “è un’azienda aperta e globale: quella del passato non esiste più. Se possiamo investire in Italia è soltanto grazie all’integrazione con Chrysler, perché abbiamo una presenza in tutto le mondo e le architetture per sviluppare nuovi prodotti”. Abbiamo chiesto un commento a Pierluigi Bonora, giornalista, cofondatore e presidente di Amoer.
E’ d’accordo con Marchionne riguardo la necessità della cassa integrazione per Melfi?
Quanto annunciato è senza dubbio un passo dovuto. Lo stabilimento di Melfi deve essere ristrutturato e riadattato per poter ospitare la nuova produzione della Fiat 500X e del suv compatto targato Jeep, quindi le polemiche di questi giorni non stanno assolutamente in piedi. Anzi, bisognerebbe esprimere soddisfazione per la decisione presa, visto che in questo modo l’investimento annunciato viene concretamente effettuato. Del resto lo stesso è avvenuto a Pomigliano, dove per poter produrre la Nuova Panda lo stabilimento è rimasto chiuso per ristrutturazione per oltre un anno.
Crede sia davvero possibile vedere nel giro di tre o quattro anni tutti gli impianti italiani a pieno regime e il riassorbimento di tutti i lavoratori?
Al momento gli ostacoli di Marchionne sono il mercato, la crisi economica e la depressione dei consumi, quindi è ovvio che anche i progetti delle case automobilistiche ne risentano. Nonostante questo, però, credo che realmente in quell’arco di tempo, quando il peggio della crisi sarà ormai passato, potrà effettivamente avverarsi ciò che Marchionne ha dichiarato. Ricordiamo inoltre che gli stabilimenti italiani, vista la saturazione di quelli nordamericani del gruppo Fiat-Chrysler, lavoreranno anche da supporto a questi.
Marchionne ha poi voluto ricordare che se Fiat può investire in Italia “è soltanto grazie all’integrazione con Chrysler”. Cosa ne pensa?
E’ ormai noto che il gruppo vende il 60% dei veicoli sul mercato nordamericano con il marchio Chrysler e il resto su quello sudamericano. E’ grazie a performance di questo tipo che il gruppo può investire in Italia e auspicare una ripresa futura. In assenza di un accordo tra Fiat e Chrysler, quindi, la situazione della Fiat sarebbe ormai decisamente ingestibile, visti i numeri del mercato. Non dimentichiamo, infatti, che l’anno scorso le vendite Fiat in Italia sono state la metà di quelle brasiliane. E’ necessario poi sottolineare un’altra cosa.
Cosa?
Che i recenti tagli avvenuti presso uno degli stabilimenti più importanti per la Fiat, quello di Tychy, in Polonia, dove è stato già annunciato un esubero di 1500 dipendenti, potevano essere realisticamente essere operati anche in Italia. Invece, in questo frangente, si è scelto di non toccare gli impianti italiani, dove invece si continua con la cassa integrazione fin quando sarà possibile.
Marchionne ha poi aggiunto che il gruppo Fiat è l’unico “in Europa a non chiudere le fabbriche”.
In effetti, fino a oggi è vero: dai tagli annunciati da Renault fino allo stabilimento Peugeot che a breve dovrà chiudere, tutti gli altri produttori stanno rivedendo i propri piani anche per diminuire l’eccesso di capacità produttiva. La Fiat, invece, ha chiuso finora soltanto lo stabilimento di Termini Imerese, ma sta rilanciando gli altri con questa importante scommessa.
(Claudio Perlini)