Il cosiddetto “superbollo” introdotto dal governo Monti per tassare maggiormente i ricchi proprietari di automobili di cilindrata superiore a 250 cavalli potrebbe essere stato un vero e proprio flop. Secondo i calcoli effettuati dall’Unrae (Unione nazionale dei rappresentanti autoveicoli esteri), infatti, la misura avrebbe dovuto fruttare allo Stato circa 170 milioni di euro, ma in realtà ne verranno incamerati appena una sessantina. Il motivo? Semplicemente si è andato a smantellare velocemente il mercato delle auto potenti di lusso, non immaginando però che questo avrebbe comportato un danno generale non ancora stimato, ma di certo importante. Vetture di questo tipo hanno bisogno di manutenzione accurata, cambio gomme periodico e pieni di benzina ravvicinati, oltre a una polizza assicurativa decisamente elevata: insomma, possedere un’automobile potente fa girare un mercato non indifferente. Per evitare di incorrere a una spesa extra stabilita dal precedente governo, quindi, chi stava pensando di effettuare l’acquisto ha rinunciato, mentre chi già possedeva un “bolide” ha preferito farne a meno. Ecco allora che le maggiori case produttrici di auto potenti fanno registrare dati sempre più negativi, come la Maserati che nel marzo scorso ha visto diminuire le vendite del 77% (secondo i dati Federauto). Oltre al danno, inoltre, c’è pure la beffa: la misura introdotta dal governo Monti non tiene conto del valore di mercato dell’auto, ma solo della sua potenza: ci sono quindi casi di automobili di lusso (come qualche Porsche) che sfiorano i 100mila euro dal concessionario ma che sul libretto di circolazione riportano una potenza di 184 kw, cioè uno in meno del limite oltre il quale scatta il “superbollo”. Altre auto, invece, più piccole e decisamente più economiche ma capaci di sprigionare una maggiore potenza dal proprio motore, costringeranno il proprietario a pagare la tassa.



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