Il Salone dell’auto di Francoforte che si aprirà al pubblico nei prossimi giorni quest’anno non ha né una regina né un re. All’anteprima riservata alla stampa, tra i grandi nomi del settore erano quasi del tutto assenti le primedonne. Non si è visto curiosare tra gli stand dei concorrenti il mitico Ferdinand Piech, il nipote di Porsche ed ex deus ex machina del gruppo Volkswagen fatto fuori mesi fa. Sergio Marchionne non ha creato i soliti assembramenti di giornalisti e non ha lanciato le sue solite previsioni di vendita irrealizzabili su Alfa Romeo perché impegnato negli Usa per firmare un accordo sindacale (ma non viveva in aereo?). Dallo stand Ferrari mancava naturalmente Luca Cordero di Montezemolo che a Francoforte ci andava da almeno 20 anni e anche Giorgetto Giuguaro, l’icona del design italiano del settore, ha preferito non esserci dopo le recenti dimissioni. Certo erano presenti quasi tutti i numeri uno delle case automobilistiche mondiali, compreso lo sfortunato nuovo presidente di Bmw, Harald Kruger, che, alla sua prima uscita pubblica si è sentito male durante la conferenza stampa ed è stato ricoverato in ospedale, ma il nome di nessuno di loro è nella testa del grande pubblico e forse non ci sarà mai. Niente stelle all’apertura e tante auto in vetrina, forse troppe. Non c’era, però, “l’automobile del salone”, quella per cui verrà ricordata l’edizione di quest’anno di Francoforte. Non c’era o magari siamo noi a non averla notata, il che sarebbe anche peggio. Pensavamo che la stella della manifestazione potesse essere la nuova Giulia, intravista qualche mese fa ad Arese. Ma lo stand dell’Alfa Romeo sembra sia stato studiato appunto per non dare alcun risalto a quella che dovrebbe l’inizio della rinascita del marchio. Non farlo emergere, beninteso, ma per farla restare nel gruppo, come un ciclista che si prende un po’ di riposo dopo aver tentato la fuga. Intendiamoci: le novità tra gli stand sono tante, ma non ci sono svolte storiche o auto davvero nuove. La definizione giusta potrebbe essere “versioni aggiornate e migliorate di auto che conosciamo già”: più belle, qualche centimetro più lunghe o più large, con nuove calandre, nuovi motori, soprattutto nuovi gadget e optional. Niente – o poco – di più.



L’eccezione sono il nuovo Suv di Jaguar o quello di Bentley. Ed è tutto dire. Inoltre, anche per queste assolute novità, non aspettatevi linee troppo diverse da quelle che già vedete in giro con altri marchi. La parola d’ordine delle case automobilistiche sembra essere: ne facciamo tante e le facciamo tutte (quasi) uguali. Questo vale i marchi dei grandi gruppi come Volkswagen, ma anche per quelli premium come Bmw e Mercedes. Parlo dei gruppi tedeschi perché a Francoforte, in casa loro, non hanno degli stand ma dei veri e propri edifici, alcuni anche a più piani, dove sciorinano ogni modello che hanno in produzione, ogni studio di design, ogni particolare tecnico che valga la pena di spiegare. Tra le decine e decine di auto esposte, c’erano anche alcune assolute novità, ma facevano fatica a emergere, tanto che bisognava scriverci sopra “Premiere mondiale” per farle riconoscere. L’edificio-stand di Mercedes ospitava, a nostro parere, anche quello che è la sintesi del peggio dell’industria automobilistica attuale e l’immagine migliore di quella che forse sarà in futuro. Da una parte la prima mondiale della Classe V nella versione Amg Line, ovvero un grande monovolume da sei posti in versione corsaiola, frutto della ricerca spasmodica, e forse vana, di nicchie non ancora esplorate nel mercato; e dall’altra la F015 Luxury, lo studio più avanzato, insieme a quello dell’Audi, di guida autonoma, ovvero senza guidatore, che l’industria automobilistica possa oggi presentare. Abbiamo scritto industria automobilistica perché a Francoforte non c’erano né Google né Apple. E la loro assenza comincia a pesare.

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