Quando uno scandalo come quello di Volkswagen assume certe proporzioni, il sospetto del complotto è più che giustificato. Il trucco del software istruito per abilitare il passaggio attraverso una valvola in grado di abbattere le emissioni di ossidi di azoto solo durante le operazioni di controllo dei gas, ed evitarla durante la guida quotidiana, potrebbe essere stato scoperto per caso. Ma non si scopre per caso qualcosa che sanno già tutti. Lo scandalo avrebbe potuto coinvolgere qualunque casa automobilistica impegnata nella produzione di motori diesel da vendere negli Stati Uniti. Oppure qualunque altro costruttore, visto che non è certo un segreto che i valori di consumi ed emissioni rilevati in fase di omologazione non siano assolutamente replicabili su strada.
Negli anni si sono diffusi vari sistemi per aggirare gli ostacoli delle prove di omologazione, che si svolgono esclusivamente in laboratorio per ottenere risultati omogenei, seguendo una procedura rigorosa in termini di condizioni ambientali, ma che si presta a numerose scorciatoie, più o meno lecite, più o meno sofisticate e costose. L’esempio più evidente è rappresentato dai rilevamenti delle auto ibride, con motore convenzionale ed elettrico combinati, che hanno la possibilità (a cui nessuno rinuncia) di eseguire l’intera procedura con le batterie completamente cariche, senza quindi considerare il costo, in termini economici e di emissioni nell’ambiente, della produzione di energia elettrica. Per questi motivi ci sono in circolazione vetture che possono vantare percorrenze da primato, che nemmeno l’automobilista più esperto e attento può replicare. Nella realtà, il divario tra laboratorio e strada è di almeno il 20%, ma può raggiungere anche il 40%.
Non è una novità, è così da molti anni, e la forbice si allarga sempre più con l’arrivo di normative sempre più severe. In Europa si è raggiunto un equilibrio che accontenta tutti, mentre il caso Volkswagen nasce dalla volontà tutta tedesca di voler andare alla conquista del mercato Usa con un prodotto che gli americani proprio non sopportano. Da noi il diesel si è imposto inizialmente per le sue doti di economia nei consumi, poi ha subito una rapida evoluzione che ha contemporaneamente incrementato le prestazioni e ridotto la produzione di polveri sottili. Un vero e proprio miracolo della tecnologia. Dall’altra parte dell’Oceano il gasolio è da sempre stato considerato il combustibile per uso industriale, adatto ai truck, ai bisonti della strada, non certo a una berlina, tantomeno a un’auto dal temperamento sportivo. Le vetture, invece, devono da sempre essere alimentate a benzina, meglio se con motori a V di grossa cilindrata. E per scoraggiare l’invasione di turbodiesel, sono stati imposti limiti di emissioni, soprattutto per quanto riguarda gli NOx, gli ossidi di carbonio, particolarmente bassi, sensibilmente inferiori a quelli già minimi in vigore da noi. Che hanno spinto qualche tecnico tedesco a cercare una scorciatoia facile ed economica.
Ogni giro di vite legato all’ambiente impone, infatti, investimenti non indifferenti, che gli uffici acquisti più che gli ingegneri hanno sempre cercato, e cercano, di tagliare il più possibile. Non a caso, a partire dalla metà degli anni Novanta, la ricerca del contenimento dei consumi di carburante (che sono chiaramente proporzionali con le emissioni inquinanti) è stata scaricata sulle industrie di pneumatici. La riduzione della resistenza al rotolamento delle gomme, ottenuta con tecnologie basate sull’uso della silice, ha infatti regalato riduzioni vere, di almeno il 5%.
L’accusa alla Volkswagen con motivazioni “verdi” arriva da un Paese che ha avuto un approccio discutibile con l’ambiente, che ha firmato l’accordo di Kyoto senza però aderirvi. Per la verità quel che conta di più è il fatto che i tedeschi hanno tradito la fiducia degli americani. Avevano assicurato che le auto destinate a quel mercato sarebbero state identiche a quelle usate per le omologazioni, e su questo punto non hanno mentito. Hanno invece peccato di presunzione mettendo a punto un software in grado di distinguere tra il mondo reale e la finzione delle prove di laboratorio. Il cui scopo poteva anche essere valido, visto che gli NOx sono gas irritanti, ma non velenosi, soprattutto ai livelli comunque bassi che il motore, anche senza dispositivi aggiuntivi, riesce a garantire.
Con il senno di poi sarebbe stato più semplice limitarsi a mandare oltreoceano auto a benzina, senza cedere al ricatto di limiti fuori dalla portata. La sindrome da primi della classe non ha pagato. Ma ora agli occhi degli americani noi europei – noi italiani lo eravamo già – siamo tutti truffatori.