Dareste i vostri soldi a Sergio Marchionne? In molti già lo fanno per comprare un’auto e i brillanti risultati di vendita in Italia e in Europa lo dimostrano. Ma adesso potreste consegnargli anche i vostri risparmi perché il ceo, o meglio il Gruppo Fca, dall’anno scorso “ha una banca”, come direbbe il torinese Piero Fassino, e da poche settimane offre a chiunque un conto deposito libero con interessi all’1%, un rendimento dell’1,5% per somme vincolate per 15 mesi e addirittura un conto deposito a due anni che rende il 2% l’anno, riservato, però, a chi acquista un’auto del Gruppo. Per carità, si tratta di interessi lordi, ma in un periodo di tassi negativi come questo sono rendimenti, in molti casi, superiori a quello dei concorrenti più conosciuti.
Ma perché un costruttore d’auto, che sta peraltro attraversando un buon periodo di mercato dovrebbe impelagarsi in questioni complicate come quelle bancarie? Per capirlo bisogna seguire la strada dei soldi: chiederli ai mercati o agli istituti di credito costa, chiederli alla Banca centrale europea costa molto meno. Almeno negli ultimi anni.



La prima società finanziaria in casa Fiat nasce nel 1925 con il lancio del modello 509, la prima vettura italiana venduta a credito. La Sava, così si chiamava, ha fatto per oltre 80 anni più o meno le stesse cose: prestare denaro a chi non lo aveva, ma voleva acquistare comunque una vettura della casa madre. È cambiato il nome della società, ma il business è restato sempre quello, anche dopo il 2006, quando Fiat firmò una joint venture paritetica con Credit Agricole. Il credito al consumo era – ed è ancora – una delle leve più importanti per spingere le vendite: in Italia tre auto su quattro vengono vendute “a rate” e questa percentuale è ancora più alta all’estero. Ma per offrire tassi bassi ai clienti bisogna riuscire a ottenere denaro a basso prezzo e, ora, il modo più semplice per farlo è quello di avere una banca. 



In Italia Volkswagen, Bmw e Mercedes, solo per fare tre esempi, hanno la propria fornitrice di servizi finanziari che, almeno per ora, fa solo questo. Mentre a casa loro i tre marchi tedeschi hanno messo in piedi un vero e proprio istituto di credito: offrono carte di pagamento, conti deposito, conti correnti tradizionali. E funzionano, perché sono in grado di dare un quasi niente di interesse ai clienti (dallo 0,15% allo 0,25%), che è sempre meglio del niente assoluto offerto dalle banche tradizionali. 

Ma il vero business non è quello di raccogliere il risparmio dei correntisti: il vero business è ottenere il denaro della Banca centrale europea a costi irrisori. L’Eurotower, infatti, ha speso e continua a spendere una montagna di soldi – oltre mille miliardi di euro, ma pensiamo che anche il governatore Mario Draghi abbia perso il conto – per cercare di rimettere in moto l’economia del Vecchio continente. E tutti questi soldi non sono andati alle imprese, ma alle banche. Fca, che mai come in quel momento ne avrebbe avuto bisogno, rimase a bocca asciutta quando la Bce con il programma Ltro finanziò a un costo ridicolo gli istituti di credito dei suoi concorrenti automobilistici. Per esempio: solo nella seconda iniezione di liquidità del febbraio 2012, Volkswagen Bank e Peugeot-Citroen, attraverso  Banque Psa, portarono a casa da Francoforte un miliardo di euro e Renault, con la controllata Rci Banque, ha preso 350 milioni. Fca, che allora aveva solo la classica società finanziaria, dovette rivolgersi ai canali tradizionali, ottenendo meno e spendendo molto di più. 



Oggi la partita è ancora più interessante: con un istituto di credito vero (autorizzato dalla Banca d’Italia nel gennaio del 2015) Fca gioca allo stesso tavolo dei concorrenti e delle altre banche. E può contare su tre vie privilegiate di accesso al denaro della Banca centrale europea. La prima via sono i finanziamenti triennali a un tasso dello “zero virgola quasi niente”, con obbligazioni e altri titoli come collaterali a garanzia, a cui avevano potuto attingere finora solo altre case automobilistiche provviste di una banca. La seconda sono i finanziamenti quadriennali a tassi che possono anche essere negativi per gli istituti di credito che dimostrino di girare almeno una parte del credito alle imprese. E Fca Bank non farà fatica a dimostrarlo, dato che dipende da un’impresa industriale. Infine c’è il recente Quantitative easing, che permette alle banche di creare dei titoli garantiti dai pacchetti di debiti (in gergo asset backed securities) e farli comprare dall’Eurotower. I titoli vengono rimborsati alla Bce, ma solo alla scadenza: nel frattempo Fca Bank, come tutte le altre banche, ha in cassa i soldi della Banca centrale. 

In parole povere, il gruppo ha la liquidità che gli serve per fare investimenti e guadagna di più per la differenza tra gli interessi che incassa e quelli che paga, ma ha anche possibilità di offrire tassi più bassi e nuovi finanziamenti ai clienti e ai concessionari aumentando la possibilità di vendita. Nuovi crediti, nuovi titoli, nuovi acquisti della Bce. E il gioco ricomincia. 

Se dunque vi siete chiesti come mai quando entrate in un qualsiasi concessionario la prima cosa che vogliono vendervi è un finanziamento e non un’auto, ora potete immaginarne il perché.