Tanto tuonò che piovve, ma soltanto due gocce. Dopo il “dieselgate” centinaia di migliaia di parole sono state spese dai politici europei, dai capi di Stato, dalla Commissione. L’obiettivo era da una parte dimostrare l’indignazione per quanto era accaduto e dall’altra sottolineare la propria sorpresa di fronte alla sconcertante dimostrazione che ci fosse una sostanziale differenza tra le emissioni durante i test delle auto al banco e le sostanze nocive emesse durante la guida reale di tutti i giorni.
Ancora oggi Volkswagen è giustamente nella bufera per le sue “centraline addestrate” a passare i test antinquinamento, ma accanto al gruppo tedesco sono finiti sul banco degli imputati anche tutti gli altri costruttori europei. Le loro auto, udite udite, consumavano più carburante e quindi inquinavano di più quando andavano in salita o erano in coda nel traffico cittadino e i valori di emissioni sbandierati erano giusti, ma solo in teoria. È partita la caccia alle streghe, ma fortunatamente i roghi accesi sono stati spenti dal buon senso. E nessuno si è scottato, perché il Parlamento europeo, dopo un accordo raggiunto tra la Commissione e i governi degli Stati, ha messo nero su bianco che le differenze tra le emissioni nei test in laboratorio e quelle nei viaggi di tutti i giorni esistono (cosa che sapevano tutti), ma ha anche annunciato al mondo che queste differenze sono, e saranno per molti anni, incolmabili.
In sintesi, per altri 43 mesi il legislatore europeo accetta il fatto che i veicoli in produzione inquinino tanto quanto fanno oggi e le emissioni restino tali e quali. Ma dal settembre del 2019 dovranno inquinare poco più del doppio (il 110% in più) di quanto fanno al banco. Per i nuovi modelli questo risultato dovrà essere ottenuto già nel settembre del 2016. La discrepanza tra emissioni reali e al banco dovrà essere ridotta al 50% nel gennaio del 2020 per i nuovi modelli di auto e nel gennaio 2021 per tutti i veicoli in produzione.
La questione importante ora diventa come stabilire degli standard di percorso, condizioni atmosferiche, carico di bagagli e capacità del guidatore per garantire uniformità di trattamento a tutti i veicoli messi alla prova in questo fantomatico test di guida reale e una, seppur vaga, somiglianza con la guida dell’automobilista di ogni giorno. E su queste regole si giocherà davvero la partita delle emissioni e del rispetto delle regole europee. Ma siamo certi che i tecnici dell’Acea (l’associazione dei costruttori europei), la Commissione di Bruxelles e centinaia di lobbisti stiano già lavorando su questa faccenda.
Quello che è successo a Strasburgo non servirà a migliorare la qualità dell’aria che respiriamo (ma di cosa stiamo parlando visto che, per esempio, le auto che circolano oggi in Italia hanno in media dieci anni e molte di esse quando sono uscite dalla fabbrica non sapevano ancora cosa volesse dire Euro 1?), ma almeno non ha messo in ginocchio un settore che dà lavoro a milioni di persone in Europa.