La 86esima edizione del salone dell’auto di Ginevra rischia di essere dimenticata presto o di essere ricordata come una delle ultime grandi esposizioni di auto continentali. Al prossimo appuntamento per gli appassionati e per gli addetti ai lavori, quello di Parigi a settembre, alcuni costruttori hanno già dato forfait e molti altri, dopo il successo del Ces di Las Vegas, un salone dell’elettronica, in cui molti big del settore auto hanno presentato le loro novità tecnologiche, si domandano se i saloni tradizionali abbiano ancora un senso. È ancora interessante parlare solo di auto quando tutto è connesso, o l’automobile in sé diventa come un appartamento che ognuno, a tutti i livelli, si può “arredare” come vuole? Certo, a Ginevra si vedranno delle cose e altre non si vedranno per niente.



A Ginevra vedrete una valanga di auto elettriche. Segno che in qualche modo l’industria comincia a considerarle un potenziale business e non solo un modo per abbassare la media delle emissioni globali della gamma e rispondere così ai criteri fissati dai burocrati di Bruxelles. Un’altra cosa che vedrete è una carrellata di optional incredibili: per la sicurezza, per la connettività, per l’entertainment. Piccoli e grandi marchingegni che aiutano a guidare e che dimostrano come l’elettronica non è mai stata così importante in un’auto come adesso. Accessori che, di solito, costano un botto e a cui, di solito, la maggior parte degli automobilisti rinuncia in partenza.



Poi vedrete auto più o meno tutte uguali. Tutte abbastanza riuscite che ricordano molto altre auto già uscite. Tutte ugualmente belle e tutte ugualmente già viste. Tutte più o meno liftate, botulinate, liposuzionate, come signore un po’ agèe che non accettano la fine dei loro anni ruggenti. Non c’è più spazio per la fantasia in un mondo che non vuole rischiare  e si abbandona a linee che hanno già funzionato in passato. E soprattutto non c’è spazio per l’innovazione in un mondo in cui le regole per costruire un’automobile sono dettate dai burocrati di Bruxelles o di Washington.



Allora l’altezza del cofano dev’essere tra gli x e gli y centimetri da terra, i parafanghi devono avere una certa forma e non sporgere più di z cm, le portiere devono esser tagliate più o meno allo stesso modo. Un vero disastro per i designers che vogliono innovare. Se una volta, ad esempio, c’era una grande differenza tra una Renault 5 e un Maggiolino, ora le auto di Renault e di Volkswagen, o di Ford e di Fiat, e di tutti gli altri costruttori, con rare eccezioni, si differenziano per qualche particolare, magari vistoso, ma pur sempre un particolare. Qualche esempio? Non ci sarà l’Audi 80 del 1972, magari nella versione quattro inventata da Ferdinand Piech, ma ci sarà la nuova Audi Q2, che sarà molto più piccola della Q7, più piccola della Q5, appena più piccola della Q3, più grande della Q1 che ancora non esiste, ma che prima o poi faranno, e comunque avrà più o meno la stessa forma in un’operazione di progressivo rimpicciolimento che a Ingostaadt riesce così bene.

Le nuove auto saranno comunque molte: una station wagon derivata dalla Tipo, una cabrio derivata dal Land Rover Evoque, la Maserati Levante derivata dalla Jeep Gran Cherokee, la nuova Volkswagen Up che assomiglia molto alla vecchia Volkswagen Up, eccetera ed eccetera. Poi vedrete dream car come Ferrari, Porsche, Bentley, Bugatti, Lamborghini. E le nuove Giulia Alfa Romeo identiche, o quasi, alla Giulia Quadrifoglio presentata sei mesi fa. Nonostante tutti gli sforzi, però, a Ginevra non vedrete un vero rilancio di Alfa Romeo che è ancora al di là dal venire.

A Ginevra, poi, non vedrete un’auto elettrica davvero adatta a essere venduta a tutti. Costi troppo alti, batterie incluse o escluse, autonomia ancora troppo limitata per poter essere considerata l’unica auto in casa. Non vedrete un’elettrica mass-market, nonostante gli sforzi di tutti i costruttori, esclusa Fca, perché non siamo ancora arrivati a trovare batterie adatte e la soluzione tecnologica giusta, industrializzarla e abbassare i prezzi. È ancora una cosa al di là da venire. Il tentativo fatto da Hyundai che presenta la stessa auto nella versione ibrida, plug in ed elettrica, dimostra che un’auto 100% a corrente per tutto è ancora un’utopia. Come  l’auto che si guida da sola. Se la vedrete a Ginevra, cercate di imprimervela bene nella testa perché sulle strada non circolerà per un bel pezzo. Tutti, o quasi, stanno lavorando su sistemi di assistenza alla guida e presentano quello che hanno fatto finora, ma si tratta di sistemi molto complicati che devono essere e sperimentati ancora a lungo. Se ne parlerà davvero tra qualche anno.

A Ginevra, poi, non vedrete niente di Lancia, il marchio dimenticato del gruppo Fca. Un peccato, perché è un marchio storico, sicuramente meno famoso di Alfa Romeo, ma che comunque ha un suo pedigree e ha, o aveva, un pubblico affezionato. La Fulvia, la Stratos: pezzi di una storia che sembra proprio finita.

L’altra cosa che non vedrete a Ginevra è il gruppo Volkswagen felice. Non vedrete Winter… (ci siamo quasi dimenticati come si scrive il nome di Martin Winterkorn, l’ex Ceo di Volkswagen). Sic transit gloria mundi. Il tedesco avrà visto una trentina di edizioni del salone ginevrino e negli ultimi dieci anni era il re, il numero uno in Europa, il più forte. Ce lo ricordiamo gironzolare tra gli stand seguito dal suo codazzo di executive del gruppo, con il medesimo piglio di un primario in corsia. Ora non ci sarà. Come non c’è un’onorevole via d’uscita per il gruppo dal pasticciaccio del dieselgate. Sono passati sei mesi e una soluzione è ancora tutta da trovare, soprattutto negli Stati Uniti.

Poi, forse vale la pena ricordarlo, non vedrete neanche quest’anno Luca Cordero di Montezemolo, un habitué che negli ultimi anni alternava la sua presenza con quella di Sergio Marchionne, un giorno a testa, per non rischiare d’incrociarsi. Dopo essersi accomodato per anni su una Ferrari, ora sembra che giri in Audi, l’auto di rappresentanza del gruppo Unicredit. Chissà come si trova.