Neanche i cinesi vogliono Fca. La notizia che Guangzhou Automobile Group (Gac) fosse interessata a rilevare la maggioranza delle azioni di Fiat Chrysler Automobiles ha tenuto banco tutta la mattina in Italia, ma appena nel Guangdong hanno finito di cenare è arrivata, inesorabile, la netta smentita: «Mai avuti colloqui con Fca su un eventuale acquisto di una quota. Gac non ha intenzione di fare un’operazione del genere», ha detto un portavoce dell’azienda cinese a 21st Century Business Herald. Quello che poteva essere uno scoop era stato fatto da Il Giornale e da un giornalista, Pierluigi Bonora, decano del settore e di solito molto informato su quanto accade a Torino.
Era uno scoop, comunque, prudentemente pieno di condizionali. Metteva insieme delle voci raccolte, alcuni indizi come l’interesse ai mercati esteri di Gac e raccontava dei rapporti esistenti con Fca. Poi l’articolo è stato ripreso da decine di articoli fotocopia su altrettanti siti internet italiani e stranieri, più o meno conosciuti, generalisti e di settore, economici e non. Questo è bastato per far salire di oltre il 3% in Borsa il titolo Fca che poi, dopo la smentita, ha chiuso con un modestissimo +0,16%.
Gli analisti di Mediobanca Securities, sempre prima della smentita, hanno immediatamente giudicato credibile l’ipotesi. «Fca – hanno messo nero su bianco senza provare neanche un po’ di vergogna – è stata molto aperta nella ricerca di un partner, mentre Gac ha bisogno di brand e della distribuzione per espandersi all’estero (cosa che prima o poi accadrà)». Come dire: questi terribili cinesi che comprano tutto (guardate che fine farà il Milan…) vogliono diventare più grandi vendendo in tutto il mondo e Fca è disponibile a qualsiasi cosa pur di trovare un partner, quindi il matrimonio ci sta. Bisogna avere almeno due master in business administration per fare un ragionamento del genere e tre per avere il coraggio di renderlo pubblico.
Ma chi sono questi potentissimi cinesi che vogliono comprare una dozzina di marchi automobilistici conosciuti in tutto il mondo, compreso uno tra più grandi costruttori mondiali? La risposta è “nessuno”, almeno nel settore. Costruiscono auto in Cina per Toyota, Mitsubishi e Suzuki, ma non sono i soli, perché questi gruppi giapponesi hanno anche altre joint venture locali per produrre in Cina. Gli unici marchi che producono in esclusiva sono Jeep, da pochi mesi, e Fiat da qualche anno.
La joint venture con Fiat non ha mai funzionato e non sta funzionando neanche adesso. Nei primi tre mesi di quest’anno sono riusciti a vendere in Cina solo 5.098 vetture, meno di quanto ne abbia vendute il solo marchio torinese in una qualsiasi regione italiana nello stesso periodo. Quella con Jeep sembra andare un pochino meglio: 44 mila auto vendute in Cina contro le 26 mila in Italia. Considerando che da gennaio a marzo il mercato ha registrato 6,6 milioni di nuove immatricolazioni, sono comunque numeri molto bassi. Infatti, Jeep è al 36° posto tra i marchi più venduti in Cina e Fiat sta al 63°. Gac ha anche dei marchi propri, ma non vanno poi molto meglio: la Gac Gonow ha venduto nei primi tre mesi del 2016 circa 80 mila vetture (23° posto nella classifica dei marchi automobilistici in Cina) e Chanfeng 21 mila auto (43° posto).
Bastava avere il tempo per cercare informazioni: Gac, nata nel 2008, se si escludono le joint venture, ha impianti capaci di produrre 400 mila vetture l’anno (e 450 mila motori) e spera di arrivare a una capacità produttiva di mezzo milione di veicoli nel 2017 e di un milione nel 2020 con un’esportazione del 20%. Bruscolini in confronto alla produzione di veicoli di Fca, che ha venduto nel 2015 quasi 4,8 milioni di automobili.
Sono cinesi, sì, e sono anche di proprietà dello Stato. Forse, potrebbero benissimo comprarsi la maggioranza di Fca, ma sarebbe un boccone davvero troppo grosso per loro.