Ci sono cose che all’apparenza sembrano assolutamente giuste, ma che in realtà poi creano più problemi di quanti ne risolvano. È il caso della legge sull’omicidio stradale. Difficile trovare qualcuno che non sia d’accordo nel punire i pirati della strada che uccidono o provocano gravi lesioni alle persone guidando in preda all’alcool, alla droga, al semplice sonno o fregandosene amabilmente di ogni più elementare norma del codice della strada. Molti hanno obiettato che di questa legge non ce ne fosse bisogno, che si trattasse di demagogia giustizialista, che fosse stata dettata dal coinvolgimento emotivo dell’associazione Vittime della strada e soprattutto dall’esigenza del Governo di fare qualcosa di popolare. Ma non è questo il risvolto più misconosciuto e pericoloso di una legge molto discussa e approvata a colpi di fiducia.



Chiunque potrebbe pensare che, non essendo un tossicodipendente, un ubriacone o un pirata della strada, la cosa non lo riguardi, ma non è così. La legge, infatti, prevede l’apertura di un procedimento penale, il ritiro della patente per cinque anni e pene detentive dai tre mesi a un anno anche per tutti gli automobilisti o i motociclisti che per semplice colpa (ad esempio, stare troppo vicino all’auto che ci precede e causare un tamponamento) provochino lesioni personali a qualcuno (persino al passeggero dell’auto o della moto) con prognosi superiore ai 40 giorni.



Tutti sappiamo che in Italia la maggior parte delle prognosi varia a seconda del tipo di assicurazione che ha la vittima. E soprattutto dalla sua relazione col medico legale e dalla sua correttezza. Un colpo di frusta potrebbe avere anche un prognosi di sessanta giorni, senza necessariamente essere realmente una “lesione grave”. Ma tant’è. Tutti gli incidenti hanno un responsabile e quindi sono conseguenza di una colpa. E, da quando è in vigore la legge sull’omicidio stradale, per ogni incidente in cui è coinvolto un ferito con almeno 40 giorni di prognosi si aprirà un procedimento penale con le conseguenti spese, verrà ritirata per cinque anni la patente e si rischierà seriamente una condanna detentiva. Nessuno sano di mente vuole provocare un incidente stradale, e tutti siamo d’accordo nel punire chi li provoca ubriaco, drogato o andando come un folle, ma non pare giusta questa spada di Damocle che pende sulla testa di tutti gli utenti della strada.



A mettere il dito nella piaga è stato il mensile Quattroruote, che ha pubblicato la lettera di un quarantenne milanese, vedovo e padre di una bimba di otto anni con disabilità, che, dopo 23 anni di patente senza aver mai provocato un incidente, per essere salito con lo pneumatico dell’auto sul piede di una signora che stava attraversando la strada dietro una curva in prossimità delle (e non sulle) strisce pedonali, ora rischia il ritiro della patente per cinque anni e dodici mesi di carcere. Un periodo di reclusione solo di poco inferiore e la medesima revoca quinquennale della patente che toccherebbe a chi avesse provocato una lesione grave in stato di ebrezza, sotto l’effetto di stupefacenti o per una guida pericolosa.

La norma «pone sullo stesso piano il ferimento con l’omi­cidio per semplice colpa, visto che le conseguenze sono analoghe» scrive il direttore di Quattroruote Gian Luca Pellegrini. «Nessuno mette in dubbio», prosegue, «che un ina­sprimento delle regole fosse auspicabile e forse addirittura necessario: trop­pi, negli ultimi anni, i casi in cui alcol e droga hanno causato drammi in grado di scatenare una formidabile indigna­zione pubblica. Il problema sta in una serie d’incongruenze e paradossi venuti alla luce soltanto ora che s’ini­ziano ad applicare le nuove norme».

Pellegrini non è l’unico ha esprimere dubbi e perplessità. Persino la Procura di Trento, il 29 marzo scorso, a pochi giorni dall’entrata in vigore della nuova legge, in una circolare ha criticato la formulazione dell’art. 589-bis c.p. in particolare in quanto sarebbe “totalmente dimenticata la colpa generica (imperizia, negligenza, imprudenza) che, pure, in astratto potrebbe caratterizzare l’atteggiamento psicologico del responsabile, spesso unitamente a profili di colpa specifica (appunto integrata dalla violazione di determinate norme sulla disciplina della circolazione stradale)”.