Bùm! È bastata una paginetta di comunicato stampa dell’Epa, o meglio il solo annuncio di un comunicato, per far perdere al titolo Fca, in pochi minuti e in contemporanea a Milano e a New York, quasi un quinto del suo valore, mettendo fine a una serie di rialzi che sembrava inarrestabile. Finita la corsa in Borsa, finito l’idillio con gli Usa, finita la tranquillità per l’amministratore delegato del gruppo Sergio Marchionne, reduce dai “trionfi” del salone dell’auto di Detroit. In quella paginetta l’Ente di protezione ambientale degli Usa ha accusato Fca di non aver rispettato le regole sulle emissioni delle auto diesel vendute sul suolo americano dal 2014 al 2016 per i mod elli Grand Cherokee e Dodge Ram per un totale di 104mila veicoli venduti.
Qualcuno ha già fatto i calcoli e si parla di una possibile multa di 37.500 dollari ad auto, qualcosa come poco meno di 4 miliardi di dollari complessivi. Qualcun altro, non sappiamo in base a che calcoli, è arrivato a parlare anche di 4,6 miliardi di dollari. Magari a far trapelare queste cifre sono le stesse case di investimento americane, come Goldman Sachs, che fino a ieri sfornavano report entusiasti sul titolo o sparavano prezzi obiettivo mirabolanti e che, per carità, nulla sapevano dell’iniziativa dell’Epa e non hanno venduto in questo ultimo periodo neanche una azione di Fca.
La memoria è andata subito al caso Volkswagen. Ma c’è una bella differenza tra il caso del costruttore tedesco (conclamato) e quello di Fca (ancora tutto da provare). Volkswagen aveva installato sulle proprie vetture diesel un dispositivo che riconosceva l’inizio di un test di verifica delle emissioni e settava il motore in modo che risultasse tutto in regola. Si trattava di una truffa che ha avuto sia conseguenze sia civili che penali. Per queste ultime sono stati incriminati personalmente diversi manager e la casa tedesca ha dovuto pagare 4,3 miliardi di dollari per non finire sul banco degli imputati. Per Fiat Chrysler, ammesso che l’Epa abbia ragione, si tratta solo di una questione di non rispetto delle regole. Non c’è una frode, non ci sono conseguenze penali. Anche lo stesso atto di accusa dell’Epa parla soltanto di violazione di una norma del Clear act americano. Di nient’altro.
Naturalmente non si conosce ancora con esattezza perché l’Epa abbia notificato a Fca questo avviso di violazione, ma si possono fare delle ipotesi. Probabilmente le auto del costruttore, come tutte quelle dei concorrenti europei, superano i livelli di emissioni prescritti in molte occasioni, ad esempio, quando la temperatura dell’ambiente è molto fredda o molto calda, o in altre condizioni di viaggio. Una pratica assolutamente tollerata in Europa perché è difficile stabilire dei limiti cogenti in ogni occasione. E anche negli Usa l’argomento era tema di discussione tra l’Epa e quei disgraziati costruttori che producevano auto con motore diesel. Almeno fino a ieri. Quando è cambiato tutto.
Ma perché ieri? Il giorno in cui l’Epa ha scelto di emettere la sua notifica è un giorno particolare. È in corso il salone dell’auto di Detroit, il più importante oltreoceano, e la notizia avrà la sua massima eco. Come aveva scelto le date del salone dell’auto di Francoforte per rendere nota l’inchiesta contro Volkswagen. Sergio Marchionne, poi, aveva appena annunciato un investimento da un miliardo sugli stabilimenti in Michigan riscuotendo il plauso, via tweet, di Donald Trump. Quest’ultimo verrà ufficialmente nominato presidente degli Stati Uniti tra una settimana ed è molto probabile che cambierà i vertici dell’Epa in carica dal marzo del 2013. C’è abbastanza per pensare che l’indagine sui veicoli Fca sia stata chiusa in tutta fretta per andare a mettere sul comodino del nuovo presidente Trump l’ennesima pillola avvelenata.
E probabilmente la pensano così anche in Fca. Che ha risposto all’avviso di violazione dicendo di voler «collaborare con l’Amministrazione subentrante per presentare i propri argomenti e risolvere la questione in modo corretto ed equo» e auspica «fortemente di poter avere quanto prima la possibilità di incontrare l’enforcement division dell’Epa e i rappresentanti della nuova amministrazione».
La nota di Fca Usa è la risposta piccata di chi ha la coscienza a posto oppure sa di non rischiare poi molto: spiega che l’azienda è «contrariata» e di aver «speso mesi nel fornire una mole di informazioni all’Epa e ad altre autorità governative e in diverse occasioni ha cercato di spiegare le proprie tecnologie di controllo delle emissioni ai rappresentanti dell’ente». Mentre Marchionne è stato ancora più diretto: «Non c’è una sola persona in questo gruppo», ha detto, «che proverebbe a fare una cosa così stupida. Noi non siamo quel tipo di criminali. Spero che non sia una conseguenza di una guerra politica fra l’amministrazione uscente e quella entrante». Una reazione fin troppo pacata per chi in un giorno, come azionista del gruppo, ha perso almeno 20 milioni di euro.