Abbiamo perso il conto delle lauree honoris causa di Sergio Marchionne (dovrebbero essere arrivate a oltre una mezza dozzina), ma quella conferitagli a Rovereto in Ingegneria meccatronica non è stata del tutto inutile, perché nella sua lezione il neolaureato ha fatto chiarezza sul suo futuro e su quello di Fiat-Chrysler. Il numero uno di Fca, Ferrari, Cnh e decine di altre società del gruppo, nel ruolo di Sibilla, è stato perfetto. Nei prossimi anni, ha detto, «il cambiamento sarà dirompente» perché la trazione elettrica e la guida autonoma «provocheranno un cambio di paradigma totale, che è destinato a cambiare il volto dei trasporti come lo abbiamo sempre inteso». «Nel giro di qualche anno», ha aggiunto Marchionne, «il motore, che è una delle nostre competenze fondamentali, non sarà più un elemento distintivo. Scenderanno in campo nuovi attori provenienti da settori diversi. La pressione sarà inesorabile, specie in un mondo conservatore e lento a reagire come quello dell’auto. Rimarranno indenni solo alcuni marchi, molto forti e altamente specializzati. Ma nel mercato di massa il marchio non sarà più così importante». 



Parole “sante” come quelle sull’elettrico: «Dobbiamo essere realisti», ha detto Marchionne, «le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissioni nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio. Le emissioni di un’auto elettrica, quando l’energia è prodotta da combustibili fossili, nella migliore delle ipotesi sono equivalenti a un’auto a benzina perché due terzi dell’energia elettrica deriva da fonti fossili. Forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale, senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabili, rappresenta infatti una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta». Oro colato.



Il discorso diventa meno comprensibile quando parla delle meraviglie delle auto a metano, ben sapendo che in Europa se ne sono vendute solo poco più di 50 mila, 80% delle quali in Italia con il marchio Fiat. E quando le parole diventano, all’apparenza, incomprensibili, quando dice che l’introduzione dell’elettrico è un’operazione che va fatta senza imposizioni di legge. Una posizione magari condivisibile, ma totalmente avulsa dalla realtà. Le imposizioni di legge ci sono già e sono molto pesanti perché prevedono che entro il 2021 la media delle emissioni di tutte la auto vendute da ogni singola casa automobilistica sia inferiore ai 95 grammi di Co2 per chilometro. Una operazione già molto difficile se si producono (e si vendono) anche auto elettriche a zero emissioni, semplicemente impossibile senza.



Si pagheranno multe di 95 euro per ogni grammo sopra la soglia moltiplicato per il numero di auto immatricolate. Secondo AutomotiveNews, Fca rischia di prenderne una botta da 950 milioni. E Marchionne lo sa. Se l’azienda sta, secondo il ceo, «lavorando su tutte le diverse forme di auto elettrica: dagli ibridi leggeri a 48 volt, agli ibridi tradizionali, ai plug in, ai sistemi totalmente elettrici», ma non si vede ancora nulla all’orizzonte, può essere solo per due motivi. Il primo è che Marchionne non si interessa del problema perché nel 2021 non sarà più al vertice dell’azienda. Ma non è quel genere di manager e ha talmente tante azioni Fca in portafoglio che in ogni caso sarebbe suo interesse mettere almeno una pezza. Il secondo è perché sa che nel 2021 Fca non sarà più sola e farà parte di un gruppo più grande. Cosa molto, ma molto probabile e confermata dall’atteggiamento di Marchionne verso l’elettrico.