Lo spin-off di Magneti Marelli con ogni probabilità sarà la prossima tappa del percorso di riorganizzazione del gruppo Fiat. Dall’arrivo di Marchionne sono successe più cose in Fiat che in ogni altro gruppo auto globale: la separazione di Cnh, l’acquisizione di Chrysler, lo spin-off di Ferrari e nei prossimi mesi la separazione di Magneti Marelli. Nel frattempo sono state mandate lettere all’ad di GM Barra per una possibile fusione e per molti mesi hanno tenuto banco i rumour di fusione con Volkswagen. L’azione ha dato soddisfazione senza fine agli azionisti che si sono goduti anche le buone performance di Cnh e quelle eccezionali di Ferrari. Oggi il gruppo è impegnato nel rilancio di Alfa Romeo e, più in generale, nel rafforzamento del segmento premium.
Finora Marchionne ha fatto un percorso netto oltre ogni aspettativa. Nelle ultime settimane però si stanno facendo più insistenti i rumour di una multa da capogiro per lo scandalo dieselgate negli Stati Uniti. I rumour indicano un importo più vicino ai 10 miliardi di euro che a 5. Una mazzata pari a quasi un terzo della capitalizzazione del gruppo auto e che ovviamente scompaginerebbe tutti i piani fatti fino a questo momento. Il piano sottostante a ogni mossa di Fiat degli ultimi anni è la volontà del principale azionista del gruppo, la famiglia Agneli-Elkann tramite Exor, di arrivare a una fusione che diluisca il gruppo e la partecipazione di controllo in un soggetto più grande trasformando una partecipazione industriale in una finanziaria. Il risultato finale sarebbe una partecipazione più liquida e più liquidabile e finanziariamente meno rischiosa. Riassorbire un’uscita di importo così ingente richiederebbe però, come minimo, anni; Fiat dovrebbe o posticipare l’agognata fusione oppure dovrebbe accettare un prezzo più basso vanificando buona parte degli sforzi fatti finora. La “fusione” è in realtà qualcosa di molto più simile a una cessione dato che General Motors capitalizza quasi tre volte Fiat e Volkswagen addirittura più di quattro.
Il conto per Fiat si potrebbe ridurre trasformando lo spin-off di Magneti Marelli in una cessione, ma in questo caso i conti non cambierebbero per gli azionisti. Il tempo per recuperare oltretutto non è moltissimo perché Marchionne nel 2019, quando gli anni saranno 67, lascerà la guida di Fiat. In teoria si potrebbero dribblare i problemi optando per un partner cinese o asiatico, ma politicamente l’opposizione potrebbe essere insormontabile. Tra Cina e Stati Uniti non corre buonissimo sangue e in tempi in cui si cerca di far rientrare industria la scelta di un partner asiatico potrebbe far storcere il naso negli Stati Uniti; nessuno si dimentica che Fiat ha potuto mettere le mani su Chrysler con il supporto decisivo della politica e del sistema Paese americano.
Forse la spasmodica ricerca di un alleato/acquirente non ha aiutato Fiat nei rapporti con l’amministrazione americana che non può non vivere con un po’ di fastidio una strategia con cui sostanzialmente si vuole monetizzare la quota di mercato americana offrendola a chi paga di più. Il salvataggio di Chrysler è sicuramente merito anche di Marchionne, ma il sostegno finanziario del governo americano alla società americana è stato decisivo. Se Marchionne riuscisse a districarsi anche questa volta firmerebbe il suo ultimo e più importante capolavoro. Sicuramente la situazione rischia di complicarsi e i prossimi mesi potrebbero diventare molto interessanti.