“Cerchiamo di andare a pescare dove ci sono i pesci e di fare business dove ci sono i soldi”. La frase pronunciata da Dan Ammann, presidente di General Motors meno di un mese fa si è compresa pienamente solo in questi giorni, quando sono stati confermati i colloqui di Gm per con Peugeot-Citroen (Psa) per vendere Opel-Vauxhall. La succursale europea di Gm ha i bilanci in rosso da 18 anni e solo negli ultimi nove (ovvero da quando il fallimento del costruttore americano aveva spinto i vertici di Detroit a pensare per qualche mese di venderla a Fca o al costruttore austriaco Magna Steyr) è costata agli azionisti una perdita complessiva di 8 miliardi di dollari.
La scelta di mettere sul mercato un’azienda che proprio non riesce a far andare bene (quest’anno c’erano tutte le premesse per un ritorno all’utile, ma la Brexit l’ha riportato in perdita) è nello stesso tempo logica e rivoluzionaria per il settore auto perché per la prima volta un costruttore privilegia i guadagni ai volumi. Gm ha venduto poco più di 10 milioni auto ed è il terzo nella classifica mondiale dopo Volkswagen e Toyota, ma sembra poco interessato alla corsa al primato se è disponibile a mettere sul mercato Opel che ne vende circa 1,6 milioni. Con buona pace delle economie di scala e delle grandi aggregazioni preconizzate dagli esperti del settore preferisce lasciare completamente un mercato come quello europeo concentrandosi sull’America e la Cina per aumentare gli utili.
Molto meno logico sembra il desiderio di Psa di comprare: i mercati di Opel sono gli stessi di Peugeot e Citroen e difficilmente può sperare di vender molte auto in più. Può solo tanto risparmiare sui costi degli acquisti comprando in maggior quantità dai fornitori e cercare di tagliare i costi di sviluppo dei nuovi modelli concentrando gli investimenti e le risorse umane per tutti i marchi. Ma lo Stato francese è uno dei principali azionisti di Psa, insieme alla famiglia Peugeot e ai cinesi di Dongfeng, e di certo non accetterebbe di tagliare posti di lavoro in Francia. Toccherebbe agli inglesi (dove Opel produce con il marchio Vauxhall) e soprattutto ai tedeschi sopportare i costi in termini di posti di lavoro, di centri di ricerca e magari anche di fabbriche chiuse. Per questo in Germania le proteste dei sindacati e dei politici non si sono fatte attendere e le resistenze a un eventuale merger saranno fortissime.
Inoltre, se i bilanci di Opel sono in perdita, Psa è appena uscita da una crisi che l’ha portata a un passo dal fallimento. Nel 2013 il costruttore francese perdeva un miliardo di euro e solo nel primo semestre del 2015 i conti sono tornati in attivo. Le vendite dell’auto sono in costante, ma lenta crescita e la divisione automotive fa molta fatica a sfondare. Insieme Opel e Peugeot-Citroen sarebbero più forti? Forse, ma non è detto. Avrebbero tuti i limiti di un costruttore con un solo (o quasi) mercato di riferimento che opera in un segmento competitivo e privo di grandi margini come quello delle auto di fascia medio bassa.
Il discorso sarebbe completamente diverso se ad acquistare Psa fosse General Motors. A parte diventare di colpo e di gran lunga il primo costruttore al mondo con quasi 14 milioni di veicoli venduti, Gm potrebbe ottenere vantaggi sul fronte dei costi e avrebbe anche la forza finanziaria per affrontare da protagonista il mercato europeo grazie ai guadagni realizzati negli Usa e in Cina.
Intanto dei colloqui tra Gm e Psa ha subito beneficiato Fiat Chrysler: le azioni sono salite oltre gli 11 euro, al prezzo più alto degli ultimi 19 anni, per poi chiudere appena sotto questa quota. Qualcuno ha subito ipotizzato che una vendita di Opel possa aiutare un matrimonio tra Fca e Gm. Anche se molto più semplicemente la notizia riporta l’attenzione su un settore in movimento e su un’azienda che è troppo piccola per stare da sola.